«Davide aveva passione per la boxe, un fratello per gli altri atleti»

Davide Varagnolo
Davide Varagnolo

CHIOGGIA.  Davide Varagnolo, viveva con i suoi genitori, nel quartiere dei Saloni, a Chioggia, ma, tra le sue passioni, c’era sicuramente l’amore per la boxe, uno sport certo non semplice ma che praticava con la passione di chi sul ring non cercava chissà quali traguardi ma solamente un modo, come un altro, per sfogare i suoi istinti giovanili.

Boxava con i Mastini di Chioggia, una società affiliata alla Boxe Cavarzere, con una sua palestra anche a Chioggia, nell’Istituto Cavanis, ai piedi del cosiddetto “Pontelongo” , il ponte che collega Chioggia con la terraferma.

Diciottenne in scooter investe due pedoni, cade e muore


La palestra, ieri, è rimasta chiusa, in segno di lutto, per piangere un dolore immenso che ha colpito tutti gli atleti che ogni giorno si cimentano sul ring. «Davide era un bravo ragazzo», dice il suo maestro e coach Denis Boscolo, « sempre sorridente e pieno di vita. Per me era come un figlio, un fratello per tutti gli altri atleti. Gli volevamo bene e quando abbiamo saputo la notizia siamo rimasti sconvolti, perché non si può, morire così a quella età».

Davide Varagnolo era oltretutto un atleta promettente. «Era un pugile completo», spiega il suo allenatore, «e soprattutto, essendo piuttosto longilineo, sapeva boxare molto bene. Non gli mancava niente. Si allenava ogni giorno, anche se era da un po’ di tempo che non saliva più sul ring, perché aveva un problema ad una spalla e proprio per questo mi aveva detto che avrebbe continuato ad allenarsi ma che per il momento non se la sentiva di combattere. Quest’anno, essendo diventato maggiorenne, sarebbe passato dalla categoria Youth alla categoria Senior, ma non era comunque una sua priorità. Gli piaceva tirare di boxe, lo faceva con passione, si allenava per tenersi in forma e, secondo il mio parere, era anche un ragazzo piuttosto promettente. Oggi la nostra palestra è più vuota».

Sui social c’è anche chi mette in risalto la pericolosità di quelle strisce pedonali. «Quelle strisce pedonali», scrive Susanna Gollo, che lo descrive come un bravo ragazzo, «sono pericolosissime, troppo vicine alla rotonda. I pedoni non sempre hanno ragione e si buttano in strada senza guardare» .

C’è anche chi naturalmente si augura che le persone ferite riescano a guarire. Tra i tanti ricordi commossi, anche l’ex professore di matematica. «Il tuo entusiasmo» si legge in un commento, «era davvero sconvolgente» . —


BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia