Danni da sangue infetto Il legale: decisione storica

L’avvocato Massimo Dragone nel 2013 ha presentato ricorso alla Corte europea per 79 pazienti veneti. In molti casi ora saranno i loro eredi a essere risarciti

«Con una decisione “storica” depositata ieri la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha accolto il ricorso presentato nel 2013 dal nostro studio nell’interesse di 79 ricorrenti, condannando l’Italia per violazione del diritto alla vita, tutelato dall’articolo 2 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali. I ricorrenti tutelati dal nostro studio sono tutti veneti, danneggiati – o eredi di persone danneggiate – da trasfusioni di sangue o emoderivati infetti». È la prima dichiarazione dell’avvocato veneziano Massimo Dragone, che con i colleghi Barbara Cestaro e Roberto Loffredo, si batte da anni per i diritti di questi pazienti. «Tale ricorso è stato deciso dalla Corte unitamente ad altri analoghi ricorsi presentati da altri legali di altre regioni di Italia» precisa il legale sono poco più di 800 e il totale dei risarcimenti arriva a 20 milioni di euro.

Tutti i ricorrenti avevano proposto cause di risarcimento del danno alla salute subito in conseguenza delle infezioni post-trasfusionali contratte (Aids, epatiti B e C). Nel 2007 lo Stato italiano, al fine di deflazionare il vasto contenzioso pendente in Italia per i danni da trasfusioni, prevedeva con apposita legge la possibilità di definire le azioni risarcitorie pendenti con un pagamento in via transattiva. Facevano quindi seguito numerosi altri atti normativi che disciplinavano l’accesso alle transazioni e i relativi requisiti. Tutti i 79 ricorrenti veneti aderivano al procedimento transattivo, essendo in possesso dei requisiti prescritti. Dopo anni di attesa, veniva emanato un successivo decreto di data 4 maggio 2012 con il quale lo Stato Italiano indicava finalmente gli importi spettanti a ciascuna categoria di danneggiati (emofilici, talassemici, trasfusi occasionali), introducendo tuttavia nuove cause di esclusione, in precedenza non previste, che di fatto escludevano retroattivamente i ricorrenti dalla possibilità di concludere il lungo iter giudiziario con la transazione.

Essendo trascorsi per tutti oltre 10 anni dall’inizio delle rispettive cause di risarcimento, i ricorrenti si sono quindi rivolti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo lamentando la violazione del diritto alla vita sotto il profilo procedurale. Nel corso del giudizio veniva emanata dallo Stato Italiano la legge 114 del 2014, dove si prevedeva una nuova proposta di definizione delle controversie pendenti con il pagamento ai danneggiati di un importo di 100 mila euro ciascuno.

La Corte con questa sentenza, respingendo le obiezioni e difese del Governo Italiano, ha accertato la violazione del Diritto alla Vita dei ricorrenti. «La Corte», si legge, «ritiene che la lunghezza delle procedure è stata eccessiva e che le autorità italiane, di fronte possibili violazioni del Diritto alla Vita, non hanno offerto una risposta rapida ed adeguata conforme ai propri obblighi». In conclusione la Corte ha quindi condannato lo Stato Italiano al pagamento a favore dei ricorrenti di importi compresi tra 20 e 30 mila euro a titolo di danno morale. Tali importi vengono riconosciuti per la durata irragionevole dei procedimenti giudiziari e transattivi. (g.c.)

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