Dalla quindicenne Giulia al volontario “Ciano” Le croci della comunità «Si doveva fare prima»

La manifestazione
Molti i cittadini presenti all’apertura del bypass, negli anni opera invocata, contestata e in definitiva sospirata. A farsi loro portavoce il parroco del paese don Massimo Cadamuro, che apre il suo intervento ricordando «i due eventi a cui è legata questa strada». Innanzitutto quello che più di ogni altro scosse le coscienze, dando la spinta decisiva al progetto: «Il 21 maggio 2007 Giulia Abbadir venne travolta e schiacciata da una betoniera, un mezzo pesante che non doveva passare per il centro di Campalto». E poi la morte di “Ciano” Trevisan, volontario dell’asilo parrocchiale, avvenuta appena 9 mesi fa, il 10 ottobre 2019. «Fu preso in pieno e scagliato lontanissimo da un pullmino che trasportava le persone da e per l’aeroporto. Permettetemi di dire: se la strada fosse stata finita prima…». Non conclude la frase, don Cadamuro, ma ciò che dice interpreta alla perfezione pensieri e rivendicazioni di tanti campaltini, spesso sentitisi abbandonati in balia dei propri problemi. Ora quello che vogliono è non restare inascoltati sulle richieste di completamento delle opere accessorie, così come sulla risoluzione di tutte le criticità che permangono su via Orlanda. «Bypass significa “taglio”», dice il parroco, «Ma se è un taglio che divide non sarà una consolazione, se invece unisce sarà speranza. Chiediamo che nasca un osservatorio, che coinvolga anche Anas, per monitorare la realizzazione delle opere complementari. Vanno completate tutte come da progetto iniziale, altrimenti non c’è futuro per nessuno». Per questo e altro decine di campaltini si sono riuniti ieri sera davanti alla chiesa di San Benedetto, in una manifestazione che come punto focale aveva proprio «sognare il futuro». Una dimostrazione senza corteo (negato dalla questura) ma con tante luci, in ricordo delle 107 vittime di incidenti stradali dal 1945 a oggi, una strada (via Orlanda) disegnata per terra e un grande striscione, dove ognuno ha scritto le sue proposte per Campalto. Perché proprio dalla collaborazione collettiva devono passare le decisioni riguardanti il paese: «Le persone siano protagoniste, perché la vita di un quartiere è partecipazione», dice Daniele Conte, uno degli organizzatori, «Perciò bisogna discuterne continuativamente, magari riprendendo in mano il vecchio progetto di riqualificazione che ipotizzava Ztl, arredi urbani, alberi, una piazza che oggi manca. La politica ci metta la faccia: a Campalto ci sono problemi di degrado, i negozi chiudono, manca un supermercato in centro». Si va oltre le richieste di opere complementari, che pure sono ben presenti e non riguardano solo la pista ciclabile tra il centro Don Vecchi e la chiesa. Serve anche sistemare le vie Gobbi, Casilina e Carlo Martello, piantare altri alberi, migliorare le barriere fonoassorbenti, collegare il paese agli impianti sportivi di Porto Cavergnago. Insomma, che il bypass non sia un punto di arrivo, ma di partenza. —
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