Dai vetrai ai portieri: gli affari in “nero” a Murano

Venezia. La testimonianza di un concierge sul giro di soldi per procacciare i clienti: «Fenomeno esteso, in molti ora tremano»

MURANO. Il “lato b” dell’inchiesta che ha travolto il mondo delle vetrerie di Murano, con una contestazione di evasione di oltre 6 milioni a 8 ditte e 10 indagati, fa tremare il mondo dei portieri d’albergo. C’è il sospetto - e al momento resta tale, in attesa di possibili sviluppi giudiziari - che una quota del “nero” dei vetrai prendesse la via proprio dei portieri che fungono da procacciatori d’affari.

La categoria è in subbuglio. Andrea Padoan, veneziano, presidente dell’Associazione Triveneta “Le chiavi d’oro - Portieri d’albergo” che raccoglie un centinaio di professionisti a Venezia, si limita a una breve riflessione: «Come associazione non abbiamo nulla da dichiarare sui fatti che rientrano eventualmente nella sfera privata di ogni individuo e non dell’associazione.

Come presidente il mio compito è di cercare di promuovere e migliorare la figura importante del portiere all’interno dell’hotelerie veneziana, promuovendo eventi culturali che mirano ad accrescere e migliorare la qualità del servizio offerto negli hotel».

Ma c’è anche chi, tra i portieri d’albergo, decide di parlare. Veneziano, ha un’esperienza decennale nel settore. Lo fa a fatica e pretende la garanzia dell’anonimato: «Ho una pistola puntata in testa, ci sono milioni di euro in ballo», mette in chiaro.

Cosa sta succedendo?

«Siamo davanti a un sistema che va avanti da 30-40 anni e che è molto semplice: le vetrerie hanno sempre dato una commissione in nero al portiere affinché lui mandasse i clienti a Murano. Negli anni Ottanta e Novanta, quando le vetrerie erano floride economicamente, i portieri si sono fatti case. C’è gente che si è fatta imperi e comperato alberghi. Hanno preso un mucchio di soldi. È un’usanza consolidata da decenni, non capisco perché venga fuori adesso, si sa da sempre».

La sua categoria ha paura che le persone finite nell’inchiesta sulla frode fiscale facciano i nomi dei procacciatori?

«Molti staranno tremando sicuramente. Oggi il business è notevolmente ridimensionato, ma c’è ancora chi lo fa, specie nei grandi alberghi. Nei piccoli, credo di no».

Che percentuali si applicano?

«Le cifre grosse giravano anni fa, adesso con la crisi del vetro, la crisi economica mondiale, i giapponesi che non sono più disposti a farsi fregare dai muranesi e gli americani pure, il commercio si è molto ridotto. Si prendeva il 20% in sala d’esposizione, dove ci sono i prodotti più pregiati, e il 10% in negozio, dove ci sono i pezzi piccoli. Questo succedeva anni fa. Ma ora, da quello che so in giro, le percentuali sono rimaste più o meno queste. Solo che gli affari sono calati».

I titolari degli alberghi sono al corrente di questa consuetudine?

«Ho girato diversi hotel negli anni. C’erano i titolari che lasciavano fare ai direttori e ai portieri senza alcun problema e altri che chiedevano la percentuale, anche del 50%. È quindi un fenomeno molto esteso».

L’inchiesta ha permesso di alzare il velo su un fenomeno che lei dice esista da tempo. Quanto questo modo di agire fa male alla categoria?

«È la distruzione della categoria. Mi creda: mi fa male rilasciare questa intervista. Chiamiamole provvigioni, se vogliamo avvicinarci alla legalità: vengo ricompensato perché procaccio lavoro. Peccato che sia sempre avvenuto in nero. Quello che dà fastidio è che questa storia venga fuori adesso, quando stiamo ragionando delle briciole. Andiamo a colpire una consuetudine illegale, immorale, che è stata così diffusa e moralmente accettata da tutti per decenni. Chi ha fatto i veri affari, lo ha fatto nel passato e ora non più. Oggi si rischia di andare a colpire solo i piccoli. La Finanza doveva svegliarsi prima...».

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