Dai ristoranti ai capannoni In fila per vendere ai cinesi

Decine di annunci in città sul portale dedicato. «Gli italiani non comprano più» Un commercialista: «Subito dopo l’annuncio ho ricevuto due telefonate»
Di Francesco Furlan

Ci sono ristoranti, case di pregio e case da rattoppare, bar, saloni di bellezza, capannoni e appezzamenti di terreni. Tutti in fila per vendere. Ai cinesi. E come si fa? Con il portale internet vendereaicinesi.it scritto in due lingue - italiano e mandarino -pensato e riservato a chi ha un’attività da vendere e la vuole vendere ai cinesi. Si compra uno spazio, si mette l’annuncio - alcune decine di euro, a seconda dello spazio e della visibilità che si vuole ottenere - e si aspetta che il telefono squilli per chiudere l’affare. È quello che spera di fare, tra i tanti, il titolare del ristorante “La vivanderia” di via Pasqualigo, molto noto a Mestre, in vendita, come è scritto nel sito, a 129 mila euro. «Il locale è avviato» spiega Marco Simonetti, uno dei titolari «io ho voglia di iniziare una nuova attività imprenditoriale, e credo che questo sito sia un’opportunità in più per cercare di vendere, in un periodo in cui di italiani che vogliono comprare ce ne sono pochi». Del resto, si sa, i cinesi hanno spirito imprenditoriale, capacità di adattamento e, soprattutto, godono di buona liquidità, per l’abitudine di prestarsi i soldi tra loro, senza ricorrere alle banche, in caso di bisogno. E trovare ventimila euro, non è così difficile. Sono i soldi che servono per rilevare un’attività di lavanderia, nei pressi della stazione ferroviaria. L’annuncio è stato messo proprio ieri, e nel giro di un paio d’ore sono arrivate due telefonate al cellulare di Paolo Cesaro, il commercialista che segue la pratica per conto della proprietaria della lavanderia, che dopo 40 anni di lavoro si vuole godere la pensione. «Ci siamo detti: “Proviamoci” ma non pensavo che ci sarebbe stata una risposta così immediata». In via Bergamo 10, lungo il Terraglio, a essere in vendita è invece una tabaccheria. Per portarla a casa servono 155 mila euro. L’annucio risale alla metà di settembre, ma al telefono di Mariarita non sono ancora arrivate telefonate. «Forse perché» riflette la donna «si tratta di un’attività troppo specifica e complicata. Vedremo. Pensavamo che nostro figlio volesse proseguire l’attività, ma a trovato lavoro fuori città». E così si vende, anche ai cinesi, con un investimento minimo, una cinquantina di euro per l’annuncio, visibile per due mesi, nelle due lingue. «Ma con i tempi che corrono anche i cinesi cominciano a sentire la crisi e la grande corsa agli acquisti di bar, ristoranti o saloni di bellezza» spiega Mauro Zener agente immobiliare che da tempo tesse relazioni con i cinesi: «E non sempre le trattative tra private vanno a buon fine. Il fai da te non sempre si rivela una scorciatoia».

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