Da Sicilia, Puglia e Calabria per un posto di lavoro che non c’era

Più di cento persone arrivano in città dopo una ’e-mail ricevuta dall’istituto Morosini di Venezia relativa alla disponibilità di alcuni posti. Ma era un equivoco

MESTRE. Sono arrivati dalla Sicilia, dalla Calabria e dalla Puglia con la speranza - in alcuni casi la certezza - di ottenere finalmente l’atteso posto di lavoro. E invece il sogno di poter cominciare a insegnare si è subito trasformato in un incubo. E la rabbia è stata sfogata anche con le lacrime. Colpa di un malinteso e di un equivoco. La speranza per molti aspiranti docenti iscritti alle graduatorie di istituto è nata con l’e-mail ricevuta dall’istituto Morosini di Venezia relativa alla disponibilità di alcuni posti.

«Al fine di consentirle una valutazione di massima sulla possibilità di nomina», c’era scritto, «la informiamo che questa convocazione interessa i seguenti aspiranti», e a seguire un elenco di dieci nomi, affiancati da un numero (relativo alla posizione in graduatoria, ndr). L’e-mail che a qualcuno è apparsa equivoca: «Se ci sono solo dieci convocati e undici posti», hanno pensato in molti, «di sicuro avrò l’incarico» senza sapere però che, oltre alle dieci persone citate in modo esplicito nell’e-mail, erano state convocate anche tutte quelle nei precedenti posti della graduatoria.

«Quando ho chiamato per avere maggiori informazioni», spiega una ragazza arrivata da Crotone, «mi hanno detto di presentarmi e basta. E così, per evitare di perdere una possibilità, mi sono presentata». E così hanno fatto molti altri aspiranti docenti arrivati da tutta Italia. Davanti al Morosini, lunedì pomeriggio, c’é chi dice ci fossero oltre cento persone. Quando hanno scoperto che non sarebbero mai riuscite a ottenere il posto sono andate su tutte le furie. «Mi dispiace che ci sia stato questo equivoco», dice il dirigente Roberto Baretton, «eravamo certi che l’e-mail fosse abbastanza chiara, anche perché le graduatorie erano consultabili sul sito della scuola e tutti potevano accedervi, valutando o meno la possibilità di partecipare. Molti insegnanti poi avrebbero potuto delegare a un’altra persona, compreso me, la volontà di accettare l’incarico ma molti non erano a conoscenza di questa possibilità. Mi dispiace per il disagio, nelle prossime e-mail saremo di sicuro più chiari».

La lettera di una precaria. Ecco la lettera di una precaria che racconta quello che è accaduto.

Navigavamo a vista nelle nostre quotidianità precarie, nelle quali però abbiamo imparato a resistere con dignità, senza più sperare in quella domanda inviata in Veneto per insegnare. Forse molte di noi se ne erano anche dimenticate.

Poi venerdì è bastata la mail da parte di una istituzione scolastica a farci passare dalla rassegnazione all’euforia per farci precipitare, però, più tardi in un amaro disincanto e nella mortificazione: inizi a sognare, perché è scritta a chiare lettere e dice che devi presentarti per un incarico annuale. C’è scritto che concorri con altre 9 persone, nessun altro e i posti sono più di 10. Il posto sembra sicuro quindi, peccato che la stessa illusione è stata inviata a centinaia di altre persone, ma tu non lo sai.

Leggi e rileggi quella mail, la fai vedere al sindacato, agli insegnanti che conosci e tutti ti dicono di partire, che è l’occasione che aspettavi. È proprio vero, pensi,finalmente una buona notizia arriva anche in questo profondo Sud, che ami, perché è la tua terra, ma dove non lavori o dove lo stipendio non arriva da mesi. E anche se la ami la tua terra, per non avere rimpianti nei confronti di te stesso e dei tuoi figli, la prima cosa da fare e riempire una valigia, comprare un biglietto aereo o del treno…

Fai ragionamenti veloci, sono 12 punti n graduatoria, può essere la svolta, uno stipendio che arriva puntuale fino a giugno. Poi… si vedrà.

E allora per avere più certezze, mentre quelle che avevi e che rappresentano la tua quotidianità improvvisamente si sgretolano, chiami a quella scuola di Venezia. Tu sei euforica, vuoi capire, ma la segretaria è nervosa prima che le poni la domanda: “se vuole venire viene”, “smettetela di chiamare di continuo”. Bene, si deve partire, ad ogni costo, economico, organizzativo e sentimentale.

Saluti in aeroporto, lacrime, abbracci… I meridionali sono così, fanno sceneggiate direbbe qualcuno. In effetti abbiamo la tragedia greca nel sangue e nelle radici, una volta eravamo la Magna Grecia… Una volta, ora elemosiniamo solo un lavoro dignitoso e onesto, ma non siamo ignoranti, i titoli li abbiamo, per questo siamo stati convocati a scuola.

E mentre viaggi e ti passa davanti il panorama della tua terra, pensi già agli alunni veneti, alla voglia di dare il meglio per costruire un Italia migliore. Pensi che la tua terra ti sta respingendo, che la maestra avresti voluto farla a casa tua, in una scuola dove dalle finestre ammiri l’azzurro dello Jonio che si infrange sui calanchi… Ma la tua terra non ti vuole, maledizione, e non puoi che sperare di trovarne un’altra che ti accolga. Perché tutti hanno diritto al loro posto nel mondo.

Domenica sera Venezia era stupenda, la nebbia che l’avvolgeva sembrava darle un tocco misterioso e propizio, come se volesse riservare tante sorprese per chi arrivava. Giusto per illudersi ancora.

Tutte illusioni infrante nel momento in cui ci si è presentati a scuola lunedì. I meridionali hanno pensato, vedendo la folla, che davanti a quel palazzo antico ci fosse un funerale. E di funerale si trattava, quello del rispetto di gente che cerca solo di lavorare onestamente.

Qualcuno ha iniziato a piangere quando ha capito, altri sono andati via direttamente. Chi risarcirà lespese sostenute per arrivare qui? Chi risarcirà questo sconforto?

Il  dirigente ha chiesto scusa, lo perdoniamo. La segretaria, la stessa che ha risposto scocciata al telefono, un po’ meno. Perché per offendere la dignità delle persone non occorre per forza la mala fede, basta la leggerezza. E se a compierla è un’istituzione deputata all’istruzione… allora sì, abbiamo avuto una giusta e triste sensazione: siamo solo dei numeri, costretti a sottoporci ad un metodo di reclutamento ignobile perché non abbiamo alternative; figli di una generazione miserabile che non trova spazio al Nord come al Sud, destinata a non trovare il suo posto nel mondo. Ma questo, per favore, non fatelo sapere ai bambini, a quelli ai quali abbiamo sognato di fare da insegnanti. Li faremmo indignare troppo presto, li renderemmo consapevoli che la scuola che insegna il rispetto dell’uomo non ha imparato ancora a metterlo in pratica.

Una precaria meridionale convocata all’I.C. Morosini


 

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