Da Mirano all’Europa per studio e lavoro «Ecco il nostro Erasmus nell’epoca Covid»

le storie
Antonio Baltag, all’ultimo anno del Levi-Ponti, ha lavorato in un laboratorio analisi Covid di Creta: «Catalogavo i tamponi e scrivevo referti, i medici mi hanno anche insegnato come capire se un test è positivo». Anche Laura Tonolo, sua compagna di scuola, ha lavorato in un centro di analisi, ma a Siviglia, mentre Filippo Salvalaio è stato impiegato in una ditta di meccanica a Belfast. Tra i ragazzi dell’8 Marzo-Lorenz, Nicola Casarin ha lavorato in un’azienda agricola di Belfast, Anna Pavanello in due ditte di Siviglia legate al turismo e Alessandro Boron in uno studio di design di Creta. Infine Francesco Bon ed Eleonora Gesuato del liceo Majorana sono stati mandati a Belfast, rispettivamente al Folk Museum e in un negozio di arredamento. Sono alcune delle 170 storie dei ragazzi della cittadella scolastica di Mirano che tra luglio e settembre sono partiti per quattro settimane all’estero, aderendo al progetto Erasmus per i ragazzi delle superiori.
«Alcuni sarebbero dovuti partire a maggio ma il Covid ha scombinato i piani. In ogni caso quest’anno nessuna scuola in Italia è riuscita a portare a termine con successo un progetto con numeri simili», commenta la coordinatrice Federica Sguotti dell’agenzia Apic. I ragazzi, i loro insegnanti (Achille Pallotto, Giovanna Baghin del Majorana, Franca Bafaro dell’8 Marzo-Lorenz e Silvia Masenello del Levi-Ponti) hanno dovuto superare non pochi ostacoli. Gli studenti andati a Belfast anche una quarantena all’arrivo.
Di recente il coronamento del percorso con la consegna degli attestati alla presenza della sindaca Maria Rosa Pavanello e dell’assessora all’Istruzione Anna Gnata. «Sono felice che questi ragazzi siano il futuro. I confini del nostro Paese sono sempre più flessibili, questi giovani un domani andranno in Erasmus, magari decideranno di lavorare all’estero e spero che l’esperienza vissuta grazie alla scuola possa essere una partenza per le loro scelte future», commenta Marialuisa Favaro, preside del Levi-Ponti, tra le sostenitrici del progetto con le colleghe Roberta Gasparini dell’8 Marzo-Lorenz e Monica Guaraldo del Majorana.
È così per Anna Pavanello, all’ultimo anno dell’8 Marzo: «A Siviglia ho lavorato due settimane in un’azienda di autobus turistici e altre due settimane in un ufficio che gestiva ostelli, hotel e ristoranti in tutta la Spagna. L’anno prossimo studierò Relazioni internazionali per il marketing a Ca’ Foscari e mi piacerebbe partire in Erasmus».
Francesco Bon, Giorgia Marini, Anna Carraro, Eleonora Gesuato e Gianluca Sabbadin il loro “Erasmus nell’Erasmus” lo hanno vissuto in casa a Belfast: «Vivevamo con sei ragazzi cechi. È stato divertente e questa convivenza ci ha “costretto” a parlare inglese anche in casa», raccontano. È stato un modo anche per conoscere le abitudini di chi vive in Paesi stranieri. Anche quelle legate alla pandemia: «A Siviglia lavoravo in un centro di analisi dove si facevano anche tamponi. Moltissimi turisti italiani chiedevano il Green pass per andare nei bar e nei ristoranti e ogni volta dovevo spiegare che in Spagna il certificato non esiste» ricorda divertita Laura Tonolo.
Ma le esperienze sono state tra le più varie. «Lavoravo in un’azienda agricola: raccoglievo patate, seminavo l’insalata», racconta Nicola Casarin dell’agrario Lorenz. Mentre Alessandro Boron, diplomatosi a giugno all’8 Marzo (geometri): «Lavoravo in uno studio di design di Creta, disegnavo gli interni di appartamenti e locali». Ora l’appuntamento è a maggio quando partiranno altri 110 ragazzi. —
Laura Berlinghieri
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