Cure fantasma per 70 mila euro. Condannato un neurochirurgo

Un anno e sei mesi al medico e alla sua complice. Avevano illuso i genitori di un ragazzo gravemente malato e di un commerciante della Riviera

VENEZIA. Per cercare una cura per il figlio, colpito da una grave malattia neurologica, i genitori sono arrivati a sborsare 70 mila euro in tre mesi, dall’ottobre al dicembre del 2014. Un altro negoziante residente in Riviera del Brenta, per cercare di alleviare le sofferenze della moglie, colpita da una grave patologia alla schiena, ne ha tirati fuori 30 mila.  Soldi, in entrambi i casi, pagati nell’illusione di una guarigione. Peccato che le cure non siamo mai arrivate, e che la promessa di guarigione fosse in realtà un inganno.

Una speranza alla quale si erano aggrappate due famiglie vittime di una truffa. Architettata dal medico neurochirurgo Michele Carandente, 62 anni, già in servizio al Cardarelli di Napoli e ora, dallo scorso primo luglio, direttore dell’Unità di neurochirurgia dell’ospedale Umberto I° di Nocera Inferiore; e da Maria Merolla (62), originaria di Boscoreale, che si era presentata sotto il falso nome di Cristina Kramer.

Ieri il tribunale di Venezia li ha condannati a 1 anno e 6 mesi, pena sospesa per Carandente ma non per Merolla, recidiva. A sostenere l’accusa è stato il procuratore aggiunto Paola Mossa. Il primo episodio contestato alla coppia risale all’ottobre del 2014.

Quando nel negozio gestito dai familiari del ragazzo - all’epoca aveva 30 anni, è morto un anno fa - si presenta Cristina Kramer (in realtà la Merolla) qualificandosi come medico e assistente del neurochirurgo. Spiega che è venuta a conoscenza della storia del ragazzo - in precedenza seguito dall’istituto Besta di Milano - e che è in contatto con uno specialista che potrebbe visitare il figlio e proporre una terapia risolutiva. Lo specialista è Carandente, a quel tempo neurochirurgo al Cardarelli di Napoli.

Il medico dopo «una visita superficiale esterna», come riporta il capo di imputazione, decide per il ricovero del ragazzo nella palazzina M (quella destinata alla libera professione) del Cardarelli, per poi trasferirlo in alcune strutture riabilitative campane sia private che pubbliche ma in regime privatistico. La speranza della famiglia è che, finalmente, si riesca a sciogliere una diagnosi.

Ma al paziente vengono praticate «terapie del tutto inutili». Per le quali la famiglia però ha sborsato 70 mila euro compresi 3.300 euro che Merolla aveva chiesto per l’assistenza che alcuni suoi conoscenti avevano prestato al paziente durante le degenze.

Simile il secondo episodio, nel settembre dello stesso anno. Anche in questo caso è stata la donna a fare da tramite tra il commerciante e Carandente, per risolvere un grave problema alla schiena della moglie. In questo caso la donna è stata poi operata dal medico ma l’intervento «lungi dall’essere risolutivo, determinava un peggioramento della situazione a causa del quale la donna era costretta a subìre una nuova operazione».

Ma per fare l’operazione la famiglia aveva dovuto sborsare 30 mila euro al medico e alla sua assistente. Merolla è stata invece assolta dal capo di imputazione che la vedeva a processo per avere, con raggiri, chiesto un prestito di 50 mila euro, mai restituiti, al marito della donna. Ieri il giudice Chiara Venturini ha deciso anche una provvisionale di 37.750 euro per la famiglia del ragazzo (parte civile rappresentata dall’avvocato Claudia De Martin), e di 11 mila euro per il marito della donna. —



 

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