Il Cup dell’Usl 3 risponde dal carcere, contratto per sei detenuti
Il direttore della casa circondariale: «Un piccolo miracolo di Natale». Il dg dell’azienda sanitaria: «Una sinergia virtuosa»
Il Centro Unico di Prenotazioni (Cup) risponde dalla casa circondariale di Santa Maria Maggiore.
Il progetto coinvolge sei detenuti italiani, di cui i primi tre hanno già preso servizio nei giorni scorsi, di età compresa tra i 20 e i 45 anni, con un contratto part-time a tempo determinato ( potrà diventare a tempo indeterminato,) presso il Consorzio Stabile Cento Orizzonti, società che ha in appalto il servizio.
«Un piccolo miracolo di Natale» ha commentato il direttore del carcere, Enrico Farina, «creare opportunità significa creare una luce». Così, all’interno della casa di reclusione, è stata attivata una vera e propria sede del Cup, con quattro postazioni, rete interna aziendale, linea, macchinari, computer, software e agende per gli appuntamenti.
«Durante il Covid lo slogan era quello di non lasciare indietro nessuno» ha esordito il direttore generale, Edgardo Contato, «e dobbiamo ricordarcelo anche ora. Per questo abbiamo pensato di aprire una finestra per i carcerati sul mondo esterno. Così, curiamo i cittadini e, al tempo stesso, curiamo anche il carcere, grazie alla sinergia tra le istituzioni».
Aspetto non scontato, questo, sottolineato anche da Angela Venezia, direttrice dell’ufficio Detenuti e Trattamento del Provveditorato del Triveneto: «Per troppo tempo sono state guardinghe, in Veneto stiamo dimostrando che sono forti e creano delle pratiche virtuose. Il lavoro è la base per restituire la dignità ai detenuti, delle persone come noi che hanno commesso degli errori» ha commentato, sottolineando l’importanza di portare in carcere non solo le attività lavorative, ma anche tutte quelle pratiche proprie della vita di tutti i giorni.
«Il nostro compito è quello di offrire delle opportunità di cambiamento» ha ribadito.
Anche il patriarca Francesco Moraglia ha applaudito all’iniziativa che permette di offrire un servizio fondamentale alla popolazione e al tempo stesso di proporre un percorso di inserimento lavorativo ai detenuti.
«L’inizio e la fine della pena sono i momenti più difficili, credo che ci sia un modello detentivo che guarda al futuro. Un modello sociale che tiene conto dei bisogni delle persone, che è educativo anche per chi non ha mai avuto a che fare con il carcere. È fondamentale permettere a chi ha maturato i requisiti di riappropriarsi di un ruolo civile e sociale».
Oltre a essere uno stimolo e un percorso di reinserimento per i detenuti, l’iniziativa dell’Usl 3 è anche un potenziamento del personale all’interno del servizio, che ogni giorno si trova a gestire circa 6mila chiamate e altrettante prenotazioni.
Contato ha spiegato che il progetto ha guardato alle altre realtà in cui era stato sperimentato, come nel carcere di Padova dove è proseguito per molto tempo.
«Anche questa iniziativa è un esempio dell’evoluzione della casa circondariale, avvenuta grazie al nuovo direttore» ha commentato Linda Arata, presidente dei magistrati del Tribunale di sorveglianza di Venezia, «ricordiamoci che non ci sarà mai un cambiamento interiore senza nuove opportunità» ha concluso.
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