«Crescere negli investimenti ma non siamo all’anno zero»

VENEZIA. «Venezia ha certamente la possibilità e la necessità di attrarre maggiori investimenti immobiliari, al di là di quelli legati al turismo, ma non siamo all’anno zero, né gli ultimi in Europa, anche se certamente è possibile fare molto di più. I dati riferiti al settore immobiliare italiano del 2019 dicono infatti che se Milano fa la parte del leone, investendo circa 7 dei 10 miliardi di euro complessivi del settore, Venezia è comunque al terzo posto dopo Roma e precede Firenze: non mancano l’interesse sulla città, né gli investitori potenziali, né la disponibilità dell’amministrazione comunale e dell’Agenzia dello sviluppo che presiedo. Ma le pastoie burocratiche, la poca chiarezza, l’allungamento dei tempi di decisione rischiano di farci perdere o di rallentare investimenti importanti. Dobbiamo perciò creare le condizioni perché questo non avvenga».
Così Beniamino Piro, presidenze dell’Agenzia Sviluppo Venezia, creata dal sindaco Luigi Brugnaro proprio per favorire l’arrivo di investimenti sulla città e che sta creando una task force di operatori finanziari che contribuiscano a creare quei piani di valorizzazione necessari perché il “pacchetto” di immobili - che con il federalismo demaniale dovrebbero approdare a Venezia - venga davvero utilizzato.
«Prendiamo l’area Syndial di Porto Marghera», spiega ancora, «su cui c’erano almeno tre investitori, uno di grandi dimensioni, pronti a intervenire, ma che si sono poi fatti da parte perché non c’erano certezze su tempi e esecuzione delle bonifiche della zona, che solo ora si sta sbloccando con gli 85 milioni di euro stanziati dal ministero dell’Ambiente. La burocrazia ha anche frenato il possibile investimento su Sant’Andrea, con uno dei maggiori gruppi immobiliari tedeschi, il CG group, escluso dal bando del ministero della Difesa per un mero vizio di forma, e la gara è ferma e non ancora aggiudicata. Sulla stessa area dell’ex Ospedale al Mare, su cui Comune di Venezia e Agenzia di Sviluppo hanno saputo attrarre investitori importanti come Cassa Depositi e Prestiti, Th Resorts e Club Mediterranée, non si è ancora partiti con l’intervento di ristrutturazione a fini alberghieri, perché c’è il sì della Soprintendenza all’abbattimento di un quarto degli ex padiglioni sanitari, ma manca ancora quello del ministero dei Beni Culturali e nell’attesa tutto è fermo. Tutto ciò non dipende dalla volontà dell’Amministrazione, ma da problemi contingenti ma oggettivi che frenano lo sviluppo. Se a questo aggiungiamo le carenze infrastrutturali, capiamo le difficoltà. Abbiamo ormai il terzo aeroporto d’Italia con continui investimenti per migliorarlo, anche da parte di Save, ma non abbiamo ancora un collegamento veloce che lo leghi alla terraferma. Fincantieri investirà prossimamente 200 milioni di euro, Finint è interessata a realizzare a Venezia un polo per il “co-housing”, un tipo di investimento immobiliare definisce degli insediamenti abitativi composti da alloggi privati, corredati da ampi spazi comuni (coperti e scoperti) destinati all’uso collettivo e alla condivisione. Quello che dobbiamo realizzare sono anche le condizioni di contorno che permettano a questi investimenti di diventare produttivi e di portare vantaggi anche alla collettività». Perché su Venezia, anche in terraferma, si continua a fare affari e Piro cita il caso del gruppo Mtk che ha realizzato i poli alberghieri di Ca’ Marcello in un’area dismessa e li ha già rivenduti, guadagnandoci.
«Senza demonizzare turismo e alberghi, comunque importanti per la città», conclude il presidente dell’Agenzia dello Sviluppo, «c’è spazio a Venezia per altri tipi di investimenti immobiliari oggi anche più attrattivi per gli investitori, come studentati, residenze anziani, spazi destinati al lavoro comune. C’è chi sarebbe pronto a investire, se sapremo creare le condizioni giuste». —
E.T.
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