Crepet: «Un dramma della solitudine ingigantito da Venezia»

L’analisi dello psichiatra Paolo Crepet sui motivi del disagio degli anziani veneziani: qui c'è una città che pensa solo a soldi e turismo
BARON - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' - ANZIANI AL PARCO IN CERCA DI FRESCO
BARON - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' - ANZIANI AL PARCO IN CERCA DI FRESCO

VENEZIA. «Un dramma della solitudine al cubo acuito da una città senza vita trasformata in un bancomat dove due anziani si sentono smarriti a casa propria».

Non ha dubbi il noto psichiatra Paolo Crepet, che traccia una analisi clinica ma allo stesso tempo sociologica dell’omicidio. «Siamo di fronte a uno di quei drammi della disperazione all’ennesima potenza, più di così credo ci sia poco. Due poveri anziani soli, che si sentono smarriti nella loro città ancorati a un’idea molto medievale che la vita della donna sia dell’uomo, tanto decide lui come e cosa fare».

Ma c’è un «però», che per Crepet fa la differenza. «Questa tragedia, al di là dell’atto in sé, ci dà la possibilità di riflettere sulla trasformazione di una città come Venezia, come Firenze e tante altre in un Bed&Breakfast, in un luogo dove non c’è vita, dove il business è sovrano, dove non c’è un posto per comperarsi del formaggio, un filo per un ricamo».

Prosegue: «I veneziani prima ci ragionano su meglio è: trasformare Venezia in un luogo di non vita ma di solo sfruttamento della bellezza - lo dico da persona che ha avuto padre e nonno veneziani - significa cancellare i rapporti sociali e chi ne soffre sono gli anziani, i non più validi dal punto di vista dell’autonomia. Non esistono solo i soldi, bisogna iniziare a dirlo, non esiste una società che guarda solo a qualche centinaia di euro in più o in meno. Venezia non è dei veneziani e neanche del sindaco di Venezia, dobbiamo ragionare sul problema, e cioè che manca una visione».

Chiarisce Crepet: «Le nostre città sono state belle perché le abbiamo potute vivere, altrimenti cos’è Venezia. Un museo? Una collezione di negozi di maschere? I veneziani dove sono, dentro una Jacuzzi? In questo modo si genera degrado, perché il futuro di Venezia non è portare un turista in giro con la gondola e fregargli i soldi o chiedergli 5 euro per un caffè, certo che poi una persona di 80 anni si sente sola. Non si doveva forse sentire solo in un sestiere dove quello che abita più vicino sta in Australia?

È questo che vogliamo? Venezia è diventata un bancomat e questi sono i risultati: non si vive a Venezia, tutto è votato al turismo, abbiamo persino difeso le super navi con diecimila americani sopra e ci stupiamo della solitudine totale. L’americano va via, il Russo torna a casa. Chi rimane? È un dramma della solitudine al cubo, ma quello che è strano è che ci siano due persone che ad un certo punto si sentano così smarrite a casa loro, due veneziani. Perché? La città subisce il fascino dei soldi e gli accordi con grandi catene e organizzazioni turistiche, ma il sindaco, come tutti i sindaci di tutti i centri storici, non è padrone».

«Quello che mi chiedo» conclude «è cosa vogliono davvero i veneziani». —

 

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