Credito cooperativo al bivio «È l’unione a fare la forza»
«La scelta migliore è un soggetto unico, strutturato e solido». La Banca Santo Stefano resta tra gli indecisi riguardo le grandi manovre in corso nel mondo delle banche del credito cooperativo circa l’integrazione nel polo del gruppo bancario Icrrea o in quello promosso dalle banche del Trentino. Lo conferma in questa intervista il presidente Marco Michieletto.
Presidente, quale prospettiva e quale ruolo si ritagliano le banche di credito cooperativa nella grande crisi del credito in Italia e in Veneto?
«La riforma del credito cooperativo è un chiaro segnale di rafforzamento del sistema. La nascita di uno o due poli, è la conferma che il credito cooperativo, giovandosi di una forza commerciale maggiore, di servizi più qualificati ed efficienti e di economie di scala avrà certamente un ruolo di primissimo piano e sarà maggiormente in grado di rispondere ai bisogni dell’economia reale, in Veneto come in Italia.
Voi che posizione avete rispetto alla integrazione nel polo Iccrea o in quello promosso dalle banche del Trentino?
«Personalmente auspico sussista ancora la possibilità di una confluenza dei due soggetti in un’unica entità, al fine di ottenere un soggetto ancora più solido e strutturato».
Ma se questo non fosse possibile, la scelta quale sarebbe? Ed è già stata presa?
«L’auspicio per un polo unico è anche il motivo per cui la nostra banca non ha ancora preso una decisione definitiva al riguardo».
Ma lei non crede che questa operazione finirà con il restringere il credito a favore delle famiglie? E ci sono misure per evitarlo?
«No. Ribadisco, dal mio punto di vista, strutture più consistenti consentono di rispondere meglio ai bisogni del territorio. Non è solo un problema aritmetico per il quale un cliente di due istituti possa essere penalizzato da una fusione; se il cliente merita, avrà accesso al credito di cui abbisogna. Oggi, oltre alla relazione con i clienti e con il territorio, cosa che le Bcc sanno fare benissimo, servono servizi qualificati e risposte professionali, cose che richiedono consistenti investimenti in tecnologia e sulle risorse umane e che sono più alla portata di strutture di maggiori dimensioni. Come dire “l’unione fa la forza”».
Gli indicatori patrimoniali della banca da lei presieduta che tendenza rilevano? Avverte indizi di peggioramento ovvero di rafforzamento?
«Dal punto di vista patrimoniale la banca si mantiene con gli stessi livelli rilevati alla fine dello scorso anno».
In quale contesto economico territoriale vi state muovendo?
«Dal nostro osservatorio confermiamo una sostanziale stabilità: tranne forse il territorio a maggior vocazione turistico-ricettivo, dove peraltro la nostra banca, pur presente, lo è in maniera meno significativa di altre consorelle, registriamo un andamento non particolarmente brillante, in linea con le incertezze legate al paese. Sostanzialmente i nostri punti di forza sono le zone storiche di Martellago e i Comuni di Mirano e Scorzè, mentre abbiamo insediamenti più recenti nel litorale adriatico».
Il sistema Bcc in assenza della riforma che porterà al consolidamento in 2/3 gruppi a livello nazionale sarebbe stato in grado di reggere?
«Ribadisco che l’operazione di aggregazione va nella direzione di creare le migliori condizioni patrimoniali e commmerciali per rispondere ai bisogni dell’economia reale».
Avete vissuto con sorpresa il crac di varie Bcc venete nell’ultimo periodo?
«Premesso che esistono strutture che sovrintendono l’insieme delle Bcc regionali, dal mio osservatorio più limitato, più che dalle difficoltà di qualche consorella, sono stato molto colpito dalle dimensioni e dall’importanza della crisi del sistema bancario veneto, davvero non prevedibile in tale portata».
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