Costi troppo alti: la Cassazione respinge il ricorso di Calatrava

L’archistar spagnola autore del “Ponte della Costituzione” a Venezia è sotto inchiesta della Corte dei Conti del Veneto per la lievitazione delle spese dell’opera. Secondo i giudici Calatrava era anche direttore dei lavori e deve risponderne

VENEZIA. Respinto, dalla Cassazione, il ricorso con il quale l'architetto spagnolo Santiago Calatrava - una delle 'archistar' più celebri - ha cercato di sottrarsi al processo per danni contabili in corso davanti alla Corte dei Conti del Veneto che gli ha chiesto quasi quattro milioni di euro di risarcimento per la lievitazione dei costi del 'Quarto ponte' sul Canal Grande, a Venezia, del quale ha firmato il discusso progetto.

Ad avviso della Suprema Corte, infatti, Calatrava era anche il direttore dei lavori.

Il processo davanti alla Corte dei conti del Veneto per Calatrava si terrà il prossimo 13 novembre: la Procura contabile veneziana chiede a lui e agli altri direttori dei lavori danni per tre milioni e 800 mila euro.

A chiamare in causa la Cassazione erano stati i suoi difensori, i quali avevano sostenuto che ostenendo che Calatrava era stato un semplice consulente artistico, senza funzioni di direzione lavori e quindi non imputabile. Ora, le Sezioni unite, dopo aver rigettato il ricorso, spiegano che, dopo l’assegnazione alla sua associazione dell’incarico della progettazione definitiva ed esecutiva dell’opera, era stato nominato consulente della direzione dei lavori.

Calatrava, dopo le «importanti anomalie riscontrate nella struttura del ponte», è stato chiamato a rispondere delle «varianti approvate in corso d’opera», dei «costi aggiuntivi connessi al ritardo nel completamento dell’opera» e delle «divergenze tra il piano di manutenzione a suo tempo redatto e gli esborsi che, in concreto si sono rivelati a tal fine necessari», ricorda la Cassazione nella sentenza depositata ieri.

Nel suo ricorso, l’architetto sosteneva che «erroneamente la Procura regionale avrebbe ritenuto la sussistenza di un rapporto di impiego e/o di servizio di cui egli sarebbe stato parte e altrettanto erroneamente avrebbe ravvisato il nesso eziologico tra la sua condotta e l’asserito evento dannoso». Inoltre, a suo parere, l’incarico di consulente artistico del direttore dei lavori andava «considerato quale mero accessorio di quello di progettista dell’opera».

Di tutt’altro avviso la Suprema Corte: in discussione sono «le funzioni attribuite a Calatrava, nonchè le modalità concrete del loro svolgimento», sulla base di una «copiosa documentazione» in atti; «dalla corrispondenza tra lo studio del ricorrente e gli altri tecnici coinvolti nell’esecuzione dell’opera», si legge nella sentenza, «emerge l’assoluta sovrapponibilità dei compiti affidati all’architetto con quelli propri del direttore dei lavori». Da ciò, conclude la Cassazione, «ne deriva l’impossibilità di configurare l’incarico conferito al ricorrente come di semplice direzione artistica».

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