Costa, scontro frontale con il governo

Replica del Porto alle contestazioni del ministero: dossier di 50 pagine con dati e studi. È una polemica infuocata
Di Alberto Vitucci

Non solo risposte tecniche. Ma una vera «dichiarazione politica». Un braccio di ferro ingaggiato con la Struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture. Alle obiezioni e richieste di chiarimenti ricevuti sulla bontà del progetto Voops («Venice off-shore on-shore port system») il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa risponde con un corposo dossier.

È uno scontro frontale con i tecnici del ministero di Porta Pia. Le cui argomentazioni vengono demolite con studi e dati.

«Si è accettato di discutere di ogni rilievo formulato al progetto», scrive Costa nella premessa, «anche di quelli che nascono da una lettura totalmente errata dello stesso, dal riferimento a dati storici e scenari di traffico largamente discutibili, oltre che lontani da quelli ai quali il Paese potrebbe legittimamente puntare. E a prescindere dalla loro pertinenza a questa fase del procedimento». Non è proprio la risposta che il progettista in genere dà ai rilievi mossi dagli organi tecnici che stanno esaminando la sua proposta. Il perché lo si capisce leggendo attentamente il documento. L’off-shore è diventato un cavallo di battaglia di Costa, che lo sostiene a spada tratta anche di fronte alla freddezza della Regione e di una parte del suo ministero, all’ostilità evidente del porto concorrente di Trieste, ai dubbi degli ambientalisti.

Sistema innovativo. Il «Voops», si legge nella memoria di 50 pagine inviata a Roma, «non è un sistema portuale legato al transhipment, cioè al tarsferimento da una nave all’altra. Ma un «sistema innovativo di gestione di uno scalo articolato nella piattaforma off-shore e negli spazi a terra (on-shore). La nuova «Via della Seta» del XXI secolo.

Atto dovuto. «Unico sistema per ridare al porto di Venezia accessibilità nautica». Costa parla di «atto dovuto» e di impegni contrattuali vincolanti che lo Stato, con la Finanziaria del 2012 e i contratti firmati dal Magistrato alle Acque, ha assunto. Dal momento che la conca di navigazione di Malamocco costruita con il Mose è troppo piccola, si era deciso di modificarla. O in alternativa (come da accordo del 4 agosto 2010) di «realizzare un terminal d’altura idoneo a garantire l’accessibilità al porto e mantenere i fondali alla quota di meno 12». Il costo, precisa lo studio del Porto, sarebbe uguale a quello del rifacimento della conca, costruita dal Magistrato alle Acque-Consorzio venezia Nuova.

Procedure. Risposta secca sui dubbi sollevati per le procedure adottate: «L’Autorità portuale ha seguito nella procedura il codice degli appalti e le delibere Cipe. Ogni altro documento richiesto fuoriesce da ogni istruttoria prevista dalle norme per le opere pubbliche».

Alternative. «Il confronto tra il nostro progetto e un sistema centrato sul porto di Trieste è improponibile. Se quella via fosse conveniente funzionerebbe già. I vantaggi del nuovo sistema stanno nel poter accogliere le mega-navi al largo e trasportare le merci a terra sfruttando poi le aree di Marghera, le ferrovie e la rete di canali interni, esistente solo a Venezia».

Trieste. «Sarebbe una strategia miope», scrive Costa al governo, «puntare unicamente sullo sviluppo di un unico porto prossimo alla saturazione. Una corretta pianificazione nazionale deve consentire di sfruttare le risorse dei porti altoadriatici. Bisogna investire nelle infrastrutture mancanti: a Venezia l’accessibilità nautica, a Trieste gli spazi a terra. Solo così si fronteggiano le lobby del mari del Nord e di Rotterdam. La tesi del quesito Q3 (Perché non rinunciare all’off shore per Trieste?) è infondata. Venezia ha spazi di espansione, Trieste presenta rischio di mercato più alto. Questo quesito che chiede di rinunciare è «irrituale e irricevibile».

Petroli. «Mai sostenuto di stralciare il terminale petroli», dice Costa. «L’off-shore sarà anche un polo per ricevere energìa».

Tempi e costi. Le previsioni saranno rispettate, conclude la risposta, come lo sono stati i lavori di investimento per circa 500 milioni effettuati dall’Apv negli ultimi anni. La convenienza per lo Stato sarebbe alta in termini di aumenti di traffici e dunque dell’Iva. Ma anche sul fronte ambientale, di sviluppo economico dell’area di Marghera e di creazione di un porto rifugio nell’Adriatico per le navi.

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