«Così salvammo una famiglia ebrea»
CAMPOLONGO. Una famiglia di ebrei triestina salvata dalla persecuzione nazista da una famiglia di Campolongo Maggiore.
Questa l’incredibile vicenda di un nucleo famigliare al quale lo stato di Israele nei prossimi mesi conferirà il riconoscimento postumo ai protagonisti di “Giusti delle Nazioni”. A essere salvati dalla generosità della famiglia Ordan di Campolongo furono Bruno e Carola Montanari e la figlia Maura all’epoca di appena sei mesi.
A raccontare questa vicenda è direttamente una delle protagoniste dell’epoca, Agnese Ordan.
Agnese che ora ha 78 anni, vive ancora nella sua casa in via Lago di Misurina (ex via Chiesa), la stessa che dal 1943 al 1945 si trasformò in un prezioso rifugio contro la barbarie nazista.
«Mia mamma Linda Piron», spiega Agnese, «vendeva all’epoca della guerra la carne al mercato nero a Venezia. Era la carne di maiali e buoi che mio papà Cesare allevava a Campolongo. Dopo l’8 settembre del 1943 anche Venezia fu scossa dalle terribili razzie di persone di religione ebraica. Un giorno mia mamma entrò in un locale vicino al Ghetto e fu avvicinata dalla proprietaria. Questa le spiegò, che stava nascondendo due famiglie di ebrei triestini arrivati a Venezia in cerca di rifugio. Il posto però a causa delle continue perquisizioni delle SS non era più sicuro per loro».
A quel punto la signora Linda mossa dal buon cuore decise di portare con sé una delle due famiglie. I tre che erano nascosti nel locale erano: Bruno Montanari, la moglie Carola e la figlia Maura. «Arrivati a Campolongo», spiega Agnese, che all’epoca aveva 7 anni «mio papà e mia mamma hanno sistemato Bruno, Carola e Maura all’interno della casa e nel fienile, non facendoli mai uscire dai confini dell’abitazione.
Per quasi due anni così dall’autunno del 1943 al 25 aprile del 1945 i tre rimasero al sicuro evitando di essere catturati dai fascisti e dai tedeschi». Cosa che purtroppo non capitò all’altra famiglia di ebrei che si trovava con loro a Venezia Qualche rischio durante tutto questo periodo però non mancò. «Mio papà Cesare», spiega la donna, «andava spesso a comprare la farina e il pane da un gerarca fascista. Le quantità che comprava erano superiori a quelle che servivano a lui a mia mamma e a me e ai miei tre fratelli, servivano infatti anche alla famiglia ebrea, ma per fortuna il gerarca non se ne accorse mai o meglio a dire il vero qualcosa sospettava. Se ne rese conto solo dopo la Liberazione quando i Montanari poterono finalmente uscire dalla nostra casa senza più rischiare la vita».
Un altro rischio fu corso dalla famiglia ebrea quando uno dei figli degli Ordan, che allora studiava alle scuole magistrali a Padova, fu fermato, identificato e poi costretto a lavorare per i tedeschi. «Per fortuna in quella occasione mio fratello su indicazione della mamma», racconta Agnese, «non scappò ed evitò così che la nostra casa fosse perquisita».
L’amicizia indissolubile che lega i Montanari agli Ordan sopravvisse alla guerra. Ancora adesso Maura Montanari che ora ha 70 anni e vive a Trieste, si reca a far visita ad Agnese, figlia di chi in quegli anni bui le salvò la vita.
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