Così è stata restituita l’acustica originaria

Elisabetta Fabbri, architetto veneziano, ha lavorato al restauro della Fenice, della Scala, del San Carlo di Napoli e del Teatro dell’Aquila. Una testimonianza autorevole dunque la sua. Così ricorda:...

Elisabetta Fabbri, architetto veneziano, ha lavorato al restauro della Fenice, della Scala, del San Carlo di Napoli e del Teatro dell’Aquila. Una testimonianza autorevole dunque la sua. Così ricorda: «Il famoso obiettivo “com’era e dov’era” si doveva intendere proprio nel senso di ritrovare l’acustica originaria della Fenice. La cosa era possibile perché si erano salvati l’involucro e perfino la cornice di gronda. Quindi la Sovrintendenza alle Belle Arti non mise dei vincoli dal punto di vista della ricreazione dell’apparato decorativo, che in teoria avrebbe potuto anche essere diverso, ma proprio prescrisse che fosse preservata la continuità degli eventi sonori che si erano svolti in quel tempio della musica, che le voci, gli strumenti ritrovassero il loro habitat precedente. Per questo si sono utilizzati solo i materiali usati in origine, cioè legno, cartapesta e gesso. Quanto al legno, ovviamente solo legno massiccio e non legno lamellare. Alessandro Baricco scrisse un articolo in cui fece un interessante parallelo, parlando del canto di Violetta: il tempo impiegato nella meticolosa ricostruzione era paragonabile a quello che un soprano trascorre per apprendere e riprovare la sua parte in Traviata».

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