Corteo per la residenza «Non si sgombera la città»

In 500 al flash mob: «La Vida un simbolo, chi vuole restare qui deve lottare»
Foto Agenzia Candussi/ Carrai/ Venezia/ Manifestazione per lo sgombero della "Vida"
Foto Agenzia Candussi/ Carrai/ Venezia/ Manifestazione per lo sgombero della "Vida"

Ieri pomeriggio La Vida ha preso forma e voce, riempiendo le calli e i campi di tutta la città. Costretti a sgomberare martedì dall’ex Teatro Anatomico in Campo San Giacomo, i cittadini che da cinque mesi si sono opposti all’alienazione dell’immobile della Regione, si sono riuniti in un unico corpo, formato da oltre 500 persone. Il corteo contro la svendita di Venezia è iniziato alle 15 in Campo San Giacomo e si è concluso alle 17.30 in Campo San Bartolo, facendo tre tappe principali: una davanti al Palazzo Grandi Stazioni della Regione vicino alla ferrovia, l’altra in Campo San Geremia dove c’è la Rai e l’ultima a Rialto vicino alla sede del Comune.

Bambini e adulti, famiglie con i nonni. Una Venezia senza bandiere politiche e senza nomi di associazioni che chiede che non venga lacerato il cuore della città: i suoi cittadini. Fisarmoniche, sassofoni, flauti, fischietti, cartelloni, striscioni e volantini hanno ribadito un unico messaggio: «Basta con l’alienazione del patrimonio pubblico». Il messaggio è stato ripetuto anche in un emozionante flash mob in Campo San Geremia, usando la lingua dei segni: «Noi siamo cittadini. Noi siamo voce. Noi siamo corpo. Voi (le sorde istituzioni, ndr) non avete voluto sentire e vedere. Noi non lo volevamo per noi. Noi lo volevamo per tutti». Quel voi in particolare è stato rivolto al vicepresidente Gianluca Forcolin che si è espresso contro i cittadini, considerati occupanti e contro la legge. «Fino al 13 aprile, giorno dell’udienza, rimarremo di fronte a La Vida perché ormai siamo una comunità e non possiamo cancellare questa esperienza» hanno detto i cittadini «Vorremmo l’apertura del tavolo con le istituzioni al fine di tornare all’interno de La Vida e continuare l’esperienza di autogestione maturata in questi mesi. È triste sentire che Forcolin difenda un privato anziché le centinaia di persone che oggi sono qui con i loro corpi. Noi non abbiamo chiuso uno spazio, semmai lo abbiamo aperto». Lo striscione in testa al corteo dice: «Dalla favola alla realtà. Non si sgombera la città». Tuttavia, chi pensa che lo sgombero abbia davvero rappresentato la fine di una favola, si dovrà ricredere. A guardare il fiume di colori che ieri hanno invaso Venezia, si direbbe che ha sortito l’effetto opposto, quello di rafforzare la solidarietà tra le persone.

Mesi fa, quando la Regione aveva tagliato i cavi della luce e del gas, i cittadini si erano riscaldati con la solidarietà dimostrata da chi ogni giorno ha contribuito alla nascita di una biblioteca, una ludoteca, un punto di incontro per anziani e di ritrovo di una comunità che non si vuole sciogliere.

«Siamo qui perché ormai Venezia è svenduta e non vogliamo che diventi soltanto una scenografia» spiegano Francesca Bindelli, Angela Cardellino e Maria Grazia Gagliardi «La Vida rappresenta la società civile. Fino a oggi le associazioni erano riuscite a fare sentire la propria voce, ma adesso è sempre più difficile avere degli spazi e si ha la sensazione che si voglia togliere il cuore della città». La colonna sonora del corteo spazia da Jovanotti a Fabi, passando per Bella Ciao e per Violetta Parra. «Le istituzioni devono farsi carico dei cittadini» ha detto Mario Santi davanti a Grandi Stazioni, presidiato dalla polizia «non processarli come ha fatto con noi». Molti, come Alberto Madricardo di Venezia Consapevole, si sono detti pronti ad autodenunciarsi.

«La Vida è un simbolo di una necessità di ricostruire un tessuto sociale che a Venezia rischia di sfilarsi» ha detto Alberto Luparelli «Nel 2017 La Vida era il ventesimo bene pubblico in vendita, basta. È triste pensare che noi viviamo nella città del Mose, dove la politica ha dimostrato di aver utilizzato i soldi pubblici per i propri interessi e non ha fatto un gesto per difendere le ragioni di questi cittadini». Tantissimi i cartelli alzati: «Senza La Vida non c’è scampo. Una Vida in ogni campo», «La città è di chi la abita», «O la borsa o La Vida», «Finché c’è Vida c’è speranza» fino all’ultimo grande striscione: «No ste a cavarme a Vida». «Abito a Venezia da otto anni» ha raccontato Giulia Civettini di Brescia «Chi vuole rimanere qui deve lottare ed è ogni giorno una sfida, sempre più difficile. Venezia potrebbe essere una città ancora più bella, è nata proprio per accogliere le persone e tutti quelli che sono qui oggi, lo stanno ripetendo ogni giorno da mesi».

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