Corteo Ilva, città paralizzata per ore
La rabbia dei lavoratori Ilva di Porto Marghera contro il sequestro giudiziario dello stabilimento siderurgico di Taranto, ieri dalle 8.30 alle 12.30, ha bloccato il traffico del centro cittadino. Oggi il Tribunale del riesame dovrà decidere sulla legittimità del sequestro e se il provvedimento dovesse essere confermato è probabile che tornerà la protesta.
Il corteo, partito dal sito aziendale del Molo dei Sali sotto le bandiere di Fiom-Cgil, Fim- Cisl e Uilm, ha interessato rampa Rizzardi, Corso del Popolo, piazza Barche, piazza Ferretto e via Piave. L’iniziativa è stata messa in atto nell’ambito dello sciopero nazionale dell’Ilva di quattro ore.
Lo scontro evitato. La manifestazione è filata liscia, a parte una scaramuccia verbale tra un passante e i manifestanti che ha solo rischiato di trasformarsi in qualcosa di peggio. Alle 9, mentre le tute blu stavano sfilando sulle corsie del cavalcavia Rizzardi che da via della Libertà portano in Corso del Popolo, un uomo ha inveito contro di loro. Un gruppetto di lavoratori si è precipitato verso di lui, ma i poliziotti li hanno subito divisi.
Disagi alla circolazione. La polizia municipale, inoltre, ha contribuito a minimizzare i disagi alla circolazione che comunque ci sono stati anche se in misura minore di quelli già registrati in altre occasioni simili, visto che il traffico di agosto è di per sé inferiore a quello del resto dell’anno.
Lo slogan. I lavoratori, guidati da Luca Trevisan segretario provinciale di Fiom e da Diego Panisson di Uilm, hanno intonato in coro per tutto il percorso uno slogan: «La gente si domanda: chi sono? E noi rispondiamo dicendo cosa vogliamo: lavoro, salute e onestà». La scritta stessa che campeggiava sul grande striscione che apriva la manifestazione era proprio: «Lavoro e salute».
Il comizio. In piazza Ferretto poi c’è stato un breve comizio. «La Magistratura», ha detto Fabio Querin della Fiom, «è giusto che faccia chiarezza su quanto è successo all’Ilva di Taranto però chiediamo che il lavoro e la salute siano sempre coniugate. È giusto costringere l’azienda a investire per ridurre al minimo l’inquinamento, ma gli impianti vanno riaperti per garantire l’occupazione». Diego Panisson della Uilm ha aggiunto: «Rispettiamo il lavoro dei giudici ma crediamo che debbano essere ricercate tutte le soluzioni possibili che permettano di fare le indagini senza arrivare alla chiusura totale del più grande impianto siderurgico d’Europa». Dello stesso tenore le parole di Umberto Tronchin della segreteria provinciale Cgil: «Il lavoro non può essere separato da salute e la legalità». In piazza Ferretto, poi si sono uniti al corteo anche Claudio Borghello e Gabriele Scaramuzza del Pd e Gino Baoduzzi di Rifondazione comunista.
I lavoratori. «La situazione è drammatica», sostiene Stefano Vedovato, 32 anni, da 11 anni dipendente Ilva, «se i giudici si dovessero ostinare col sequestro degli impianti di Taranto, finiremmo per strada anche noi di Marghera». «È assurdo», aggiunge Roger Cavaliere, 40 anni, sposato, due bambini, «che ancora oggi non sia stata superata la contrapposizione tra lavoro e salute». «Con la crisi che c’è», commenta Sandro Niero, 55 anni, «se l’azienda dovesse chiudere per il sequestro giudiziario, dove andrò a sbattere la testa?». «Rispetto i giudici», afferma Marco Scapin, 32 anni, due figli, «ma spero si mettano una mano sulla coscienza prima di far chiudere un’azienda che dà lavoro a oltre 15.000 persone».
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