Corte d’Assise per Dragan Miladinovic
VIGONZA. Sarà la Corte d’Assise a giudicare per omicidio volontario pluri-aggravato Dragan Miladinovic, 28enne serbo di Santa Maria di Sala, accusato di aver pestato a morte Matteo Venturini, 38 anni, trovato la notte tra il 16 e il 17 febbraio 2017 mentre annaspava nelle acque del Tergola a Pionca di Vigonza. L’avvocato difensore dell’imputato, Andrea Frank aveva chiesto il rito abbreviato condizionato alla testimonianza di alcune persone e ad una perizia su delle intercettazioni telefoniche. Il gup Margherita Brunello ha deciso per la Corte d’Assise, l’udienza è fissata per il 17 maggio prossimo. L’inchiesta era stata coordinata dal pm Roberto D’Angelo che crede nella colpevolezza dell’imputato - del tutto innocente per il difensore, deciso a dimostrarlo in aula - anche se Miladinovic la sua verità l’ha già raccontata.
«Non ho ucciso Matteo. Noi due eravamo amici. Tra noi c’erano affari di droga: avevamo un debito di 12 mila euro con due albanesi che, quella notte, ci hanno aggredito. Io sono riuscito a scappare. Lui, no. Sono stati loro ad ammazzarlo,» aveva dichiarato al magistrato pochi istanti prima del suo arresto. Ci sarebbe poi una frase contestata, intercettata. Miladinovic parla con un famigliare e direbbe: «Cosa vuoi che faccia, che vada a costituirmi?», tradotta, con «Ora vado a costituirmi». Poi avrebbe ammesso di aver per la testa.
Fatto sta che la sera che Venturini venne rinvenuto esanime sul Tergola, tornò in Serbia con la famiglia, salvo tornare dopo tre mesi. Quando venne identificato e incarcerato. Insomma in aula ci sarà da battagliare, anche su molte altre questioni. Matteo Venturini era stato segnalato nel punto in cui via Murano incrocia via Madonna Pellegrina a Vigonza. Una coppia di fidanzati si era accorta, nel buio, di una sagoma che cercava di risalire verso la riva: Venturini era agonizzante e gridava a fatica un nome («Walter, Walter...».
La vittima indossava jeans, un maglione e un giubbotto: l’identificazione è avvenuta grazie al portafoglio trovato in tasca dove c’erano solo i documenti. Il volto era ridotto a una maschera di sangue. Inutili i soccorsi: un paio d’ore più tardi la morte in ospedale. Nelle prime ore l’episodio era stato scambiato per un suicidio e pure per un incidente stradale. Poi fu il certificato del medico legale a dare una svolta a quella morte a dir poco strana. La serata fu ricostruita fin dall’inizio e le indagini si spostarono anche su Miladinovic. Il fatto che espatriò proprio quella notte e le intercettazioni telefoniche per gli inquirenti lo inchiodano alle sue responsabilità.
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