Coop Anchemia, buco di 800mila euro

Il ministero dello Sviluppo economico ha nominato il liquidatore. L’ex presidente sparito da 18 mesi, forse in Sudamerica
Di Francesco Furlan
Foto Agenzia Candussi/ Furlan/ Mestre Gazzera, via Brendole n.121/ Sede dell'ex Cooperativa Anchemia
Foto Agenzia Candussi/ Furlan/ Mestre Gazzera, via Brendole n.121/ Sede dell'ex Cooperativa Anchemia

Cooperativa fallita con un debito di 800 mila euro e il rappresentante legale - l’ex presidente Alberto Dapporto - ormai irraggiungibile da un anno e mezzo: pare che sia in Sud America. Nei giorni scorsi il ministero dello Sviluppo economico - è questa la procedura che viene seguita per le cooperative - ha decretato il provvedimento di liquidazione coatta, vale a dire il fallimento, della cooperativa Anchemia che si occupava di manutenzione degli spazi verdi pubblici e della chiusura di alcuni parchi per conto del Comune e della consegna dei fascicoli processuali per gli avvocati.

L’ultimo bilancio presentato dalla cooperativa e riferito al 31 dicembre del 2014 «evidenzia una condizione di sostanziale insolvenza», come si legge nel decreto del ministero dello Sviluppo economico, «con una massa debitoria di 743 mila euro, e un patrimonio netto negativo di 220.92 euro». Debiti che nel frattempo sono lievitati e che oggi sono stimati dal commissario liquidatore, Franco Morandin, di Treviso, in oltre 800 mila euro. Oltre 500 mila euro sono di debiti tributari, 70 mila euro li avanza l’Inps, 150 mila euro i dipendenti, per mancate retribuzioni e quote del Tfr, poi ci sono una manciata di fornitori.

Come sia stato possibile accumulare il debito e perché sono domande che restano in sospeso, anche perché dallo scorso maggio - quando era scoppiato anche pubblicamente il caso - nessuno è più riuscito a mettersi in contatto con l’ex presidente Dapporto, l’unico che potrebbe spiegare perché i conti non siano tornati. Il suo profilo facebook è aggiornato al novembre del 2014. A fronte del fallimento l’unica buona notizia - se così si può definire - riguarda i soci e dipendenti che dovrebbero riuscire a recuperare una buona parte di quanto loro dovuto.

Nonostante di soldi da recuperare in giro ce ne siano pochi «in casi come questi l’Inps anticipa ai dipendenti tre mensilità e la quota di Tfr dovuta», spiega il commissario liquidatore, «accollandosi il rischio di non rientrare in possesso di quanto dovuto». Più che un’ipotesi pare una certezza, stando ai conti che il liquidatore sta facendo proprio in questi giorni: allo stato attuale, rispetto all’attività pregressa, risultano fatture da incassare per circa 50 mila euro mentre l’inventario dei beni è assai misero, e vi si potrebbero ricavare non più di tremila euro. Ci sono poche possibilità quindi per lo Stato di entrare in possesso dell’Iva non versata e degli altri tributi non pagati. Dopo lo scorso maggio la cooperativa mestrina, con un nuovo consiglio di amministrazione, aveva cercato di rimettersi in sesto e ripartire ma, a fronte dei debiti accumulati e tenuti nascosti ai soci, la montagna è apparsa troppo difficile da scalare. Così non è rimasta altra strada che la liquidazione decretata dal ministero e decisa anche dopo aver preso atto del verbale trasmesso dalla Lega nazionale delle cooperative concluso con la proposta di adozione del provvedimento di gestione commissariale.

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