Contro Farini e Magaraggia il ricorso al Tar del collega
VENEZIA. Da poco più di un mese la giudice Manuela Farini, a capo un tempo della prima sezione civile in laguna, e la collega Antonella Magaraggia, anche lei a capo di un’altra sezione civile nello stesso palazzo di giustizia di Rialto, sono state nominate dal Consiglio superiore della magistratura rispettivamente presidenti del Tribunale di Venezia e di quello di Verona. In entrambi i tribunali, per la prima volta, al vertice sono arrivate due donne. Ma c’è un giudice che non ha legittimamente digerito la scelta dell’organo di autogoverno della magistratura perché aveva avanzato la sua candidatura per i palazzi di giustizia di entrambe le città e si è visto sorpassato da quelle che, stando a lui, avrebbero dovuto avere meno possibilità: si tratta dell’attuale presidente del Tribunale di Pisa Salvatore Laganà. Il magistrato ha infatti presentato ricorso contro la decisione del Csm al Tribunale amministrativo del Lazio, competente a entrare nel merito delle scelte del Consiglio superiore. Laganà ha 62 anni e da sette è presidente nella città toscana, tra un anno dovrà - stando alle norme che stabiliscono un periodo massimo di otto anni di permanenza negli incarichi direttivi - abbandonare quel ruolo e anche per questo, evidentemente, aveva puntato a Venezia e, in alternativa, a Verona. Probabilmente è rimasto deluso dal fatto di non avercela fatta, anche perché entrambe le giudici, a differenza di lui, non hanno mai presieduto un tribunale, ma soltanto una sezione.
L’assemblea plenaria del Consiglio superiore, comunque, nel giugno scorso aveva deciso praticamente all’unanimità per entrambe, ritenendole più adatte e meritevoli del collega. Ora toccherà ai giudici amministrativi di Roma decidere e valutare, come è già accaduto per altre nomine, se la scelta sia stata motivata correttamente. Nel frattempo, sia Manuela Farini sia Antonella Magaraggia, la prima padovana, la seconda veneziana, hanno già preso possesso nell’ultima settimana di luglio del loro nuovo incarico e, in attesa della sentenza del tar del Lazio, proseguono il loro lavoro con serenità. Visto le responsabilità che ricadono sulle loro spalle non possono certo permettersi il lusso di attendere le decisioni dei colleghi amministrativi, potrebbero tra l’altro passare alcuni mesi prima delle sentenze. Non solo: in caso il ricorso del collega Laganà venisse respinto, il presidente del Tribunale di Pisa potrebbe chiedere poi al Consiglio di Stato di esprimersi e in questo modo passerebbero altri mesi, forse addirittura un anno, come è già successo. (g.c.)
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