Contratto dei calzaturieri sciopero il 15 novembre

Assemblea a Fiesso con i delegati di oltre cento aziende della Riviera del Brenta Secondo i lavoratori Acrib non vuole accordi territoriali sui premi di produzione
Di Alessandro Abbadir

FIESSO. «Giù le mani dagli accordi territoriali e dalla contrattazione nazionale. Per salvare uno dei distretti a più elevata concentrazione di profitto del Veneto, cioè quello della calzatura della Riviera, faremo sciopero». A prendere questa decisione, fissando anche una data per l’astensione dal lavoro se le controparti non cambieranno idea, sono stati i sindacati e Cgil, Cisl e Uil ieri riuniti a Fiesso nella sala parrocchiale con i rappresentanti dei lavoratori delle aziende calzaturiere della zona.

«La rottura delle trattative con la controparte (cioè Acrib in Riviera)», spiega per la Filctem Cgil, Davide Stoppa, «ha portato ai massimi livelli lo stato di agitazione nel settore. I datori di lavoro non vogliono più firmare gli accordi territoriali sui premi di produzione. In Riviera i lavoratori sono pronti a passare ai fatti: sospensione degli straordinari e della flessibilità innanzitutto. Per riaprire la trattativa con le aziende, gli addetti promettono di incrociare le braccia entro il 15 novembre. È ora di dire basta ai compensi forfettari sugli straordinari e ai sabati trascorsi in ditta a lavorare senza nulla in cambio».

La Riviera si caratterizza per la produzione di calzature di lusso, per donna (95%) e per uomo (5%) delle più importanti griffe a livello internazionale. Conta 900 aziende che occupano 13.120 addetti; la produzione è di 2 milioni di paia all’anno, esportate per il 90% all’estero con un fatturato in crescita di 1,6 miliardi.

«L’Associazione calzaturieri della Riviera del Brenta (Acrib)», spiegano i sindacati, «continua a professare lo stato di salute della calzatura della Riviera, oscurando gli enormi sacrifici chiesti alle piccole imprese artigiane locali e agli addetti, per mantenere in piedi le loro attività e garantire un posto di prim’ordine alla produzione, nel mondo. Questo quando a godere i frutti sostanziosi della ricchezza di questi territori, scaricando sulle piccole realtà imprenditoriali del posto solo le perdite, sono sempre le grandi firme della moda».

Poi l’avviso: «All’anello più importante e più debole della filiera, fatto di tanti operatori attaccati alla propria professionalità non viene riconosciuto nulla. L’obiettivo ora è quello di assottigliare ulteriormente diritti e compensi. Se non ci ascolteranno la strada è una sola: lo sciopero».

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