«Contorta unica alternativa ora decida il ministro Lupi»
«Il Canale Contorta sarà pronto per la primavera del 2016. Altre alternative non ne abbiamo. Adesso il tempo delle opinioni e delle proposte si è concluso. È tempo di decidere, e in uno Stato di diritto c’è chi deve decidere assumendone ogni responsabilità». È stato zitto per qualche giorno, il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa. Adesso, dopo l’ordinanza del Tar e nell’imminenza delle decisioni del governo sulle alternative, illustra la linea che il Porto seguirà nelle prossime settimane.
Presidente Costa, chi dovrà decidere alla fine sulle grandi navi?
«È un problema del ministro Lupi. Lo dice la norma. L’ordinanza del Tar ha sospeso un atto della Capitaneria. C’è chi ha la responsabilità di decidere per legge e lo deve fare».
C’è anche un ordine del giorno del Senato che dice di valutare i progetti alternativi.
«Io parto dall’accordo tra istituzioni che si era raggiunto il 5 novembre a Roma. Il presidente del Consiglio Letta aveva concluso così la riunione: “Ok, ho capito, si fa il Contorta, si resta in Marittima e si riduce il numero delle navi”. Noi lo abbiamo rispettato, invece non lo ha rispettato il sindaco, che è arrivato a ricorrere al Tar, innescando una serie di reazioni, a cominciare dai ricorsi della Vtp. Noi ci sentiamo vincolati da quell’accordo: stiamo lavorando per far arrivare le navi da crociera in Marittima senza passare da San Marco entro la stagione 2016».
Per far questo avete già prefigurato uno scenario: lo scavo del canale Contorta. Non è vietato dalla Legge Speciale?
«Non mi risulta. Certo che uno pensa al canale dei Petroli, ma oggi è diverso. E il Contorta, come ho spiegato, potrebbe essere un’occasione di recupero ambientale della laguna centrale, compromessa dall’erosione. Con i fanghi scavati si potrebbero ricostruire barene per limitare la perdita dei sedimenti. E poi sarebbe un’opera reversibile. Se vogliamo chiuderlo, si interra da solo».
Chiedete le procedure speciali della Legge Obiettivo.
«Ma non per eludere pareri. Semplicemente perché qualsiasi altra ipotesi dovrebbe passare per la revisione del Piano regolatore portuale. Vuol dire anni».
Prima o poi bisognerà cominciare a parlare con il Comune per la revisione del Piano portuale che risale agli anni Sessanta.
«Infatti, al prossimo comitato porterò la proposta di avviare la procedura. Ma qui stiamo parlando di tempi rapidi. Se si avviano le alternative le compagnie possono pazientare un anno. Altrimenti se ne vanno altrove. E per il nostro porto sarebbe il disastro. Io devo tutelere il Porto. Che non è altro rispetto alla città. I lavoratori del porto non sono figli di un dio minore».
Come Lei saprà ci sono anche altre alternative depositate oltre al Contorta.
«Il decreto Clini Passera chiedeva di trovare vie alternative di accesso alla Marittima. E queste sono soltanto il Contorta o il canale dietro la Giudecca. Gli altri sono siti alternativi. E vanno studiati nel lungo periodo. Dobbiamo disegnare scenari futuri: quale sarà il porto dopo il Mose, dopo l’off shore, con la nuova chimica. Abbiamo un’ocasione enorme. Bisogna sedersi attorno a un tavolo e ragionare».
Finora non è andata proprio così. Il Comune ad esempio punta su Marghera. Perché non volete nemmeno sentirne parlare?
«Lo abbiamo studiato, abbiamo concluso che non è possibile: a parte che lì resta l’Eni, nello stesso canale non possiamo avere traffico passeggeri e traffico commerciale».
Succederà anche con il Contorta.
«Solo per il primo tratto del canale dei Petroli, è diverso.
Il Lido? perché non pensare alle grandi navi fuori dalla laguna?
«Anche lì bisogna cambiare i piani regolatori. Ci vorrebbero anni. E si dovrebbe costruire da zero una nuova Marittima».
Nei grandi aeroporti ci sono terminal diversi collegati tra loro. Perché qui non è possibile?
«Anche per questioni di sicurezza. I bagagli, gli accessi controllati. È complicato».
Dunque, il canale e basta.
«Se ci danno il via, lo scavo lo facciamo in otto mesi. Ripeto, quella è l’unica via per togliere le navi da San Marco. Altrimenti le teniamo lì».
Il mondo ci guarda, non è che si può far finta di niente.
«Infatti. Abbiamo deciso di toglierle da San marco. Anche se un incidente è escluso. E si ripeterebbe ogni 1800 anni».
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