Condannato ex imam di San Donà
Accusato di immigrazione clandestina ed estorsione insieme ad altri sei imputati
Mion Interpress/M.Tagliapietra Venezia 18.07.2012.- Conferenza stampa Operazione Mukawalat. Questura S. Chiara. Arrestati: Chaddad Ahmad.
SAN DONÀ. Trentatré anni di condanne per associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, estorsione, violenza privata e violazione della legge sull’immigrazione comminati ieri dal tribunale collegiale di Venezia (presidente Sara Natto, a latere Enrico Ciampaglia e Claudia Gualtieri) al termine del procedimento che ha visto sul banco degli imputati, tra i sette a giudizio, anche Ahmad Chaddad, siriano classe 1968, ex imam di San Donà fino al 2009, conosciuto per le sue posizioni molto radicali: per lui i giudici hanno deciso una condanna a 4 anni e 8 mesi, così come per i connazionali Soultan Chadad (1970), Ezou Khalouf (1974), Khaled Khalouf (1978) e Mohamad Khalouf (1980). Quattro anni e dieci mesi di condanna, invece, per Hussain Khalouf (1973) e Ahmad Khalouf (1979). L’unico italiano indagato era già uscito dal procedimento nel 2013 con un patteggiamento.
Stando a quanto ricostruito dagli uomini della Digos di Venezia con il coordinamento del pubblico ministero Giovanni Zorzi, dall’inizio del 2002 e fino al 2011 gli imputati avevano gestito un’organizzazione che chiedeva dai 7mila agli 8mila euro per lasciare il Medio Oriente e arrivare in Italia, avere un lavoro e coltivare il sogno di una vita migliore, lontana da guerra e povertà. A chi arrivava in Italia, l’organizzazione era in grado di fornire documenti falsi - durante le perquisizioni erano stati trovati documenti italiani in bianco e i timbri del Comune di Musile di Piave che servivano per le false regolarizzazioni dei connazionali - e un lavoro nelle imprese edili (spesso in nero) i cui titolari erano alcuni dei siriani che ieri sono stati condannati. E se non si era in grado di pagare il debito con i vertici, erano botte, estorsioni e ricatti pressoché quotidiani.
Stando alle indagini, i soldi che l’organizzazione raccoglieva da chi sognava l’Italia per cambiare vita venivano inviati in Siria e in Libano: si calcola che solo dal 2001 al 2006, attraverso due banche italiane, fosse stato dirottato un milione e mezzo di euro. Le indagini erano iniziate proprio con l’arrivo nel Sandonatese di alcuni siriani, piccolo imprenditori nel settore dell’edilizia che prima erano operativi nella provincia di Como. Erano segnalati dai servizi segreti come integralisti islamici. Proprio per questo la Digos aveva iniziato a monitorarli, tenendo sotto controllo anche il denaro che movimentavano. Decine e decine gli immigrati che il gruppo era riuscito a far entrare in Italia prima di essere stroncato.
Rubina Bon
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