Condanna di quattro anni e 4 mesi per il boss pentito di Cosa Nostra
«Un boss della mia caratura non perde tempo con rapine di poco conto». Questa la difesa di Vito Galatolo, ieri, davanti al giudice veneziano Barbara Lancieri che, però, alla fine dell’udienza, ha condannato a quattro anni e quattro mesi di reclusione e mille euro di multa con rito abbreviato per una rapina tentata e un’altra messa a segno da alcuni suoi amici siciliani.
Il magistrato veneziano ha sostanzialmente accolto le richieste del pubblico ministero antimafia lagunare Giovanni Zorzi, che aveva chiesto la condanna a quattro anni, mentre il difensore, l’avvocato Fabrizio Di Maria, si è battuto per l’assoluzione, sostenendo che il suo cliente era a capo della famiglia dell’Aquasanta di Palermo, come del resto suo padre, e che mai si sarebbe «abbassato» a compiere rapine da poche centinaia di euro. In aula è arrivato anche Galatolo, il quale si è scusato comunque con la città di Venezia, sostenendo che in qualche modo cercherà di rimediare, ma ha contestato l’accusa, quella che lo aveva indicato come l’ispiratore, l’ideatore di due rapine commesse da alcuni amici siciliani che lo avevano seguito a Mestre, dove il boss ora pentito si era trasferito con la famiglia e dove ha abitato per circa due anni.
Stando al capo d’imputazione, il primo colpo doveva essere messo a segno il 15 giugno 2014 ai danni della sala scommesse mestrina Aladin Bet 2, ma era andata male perché le porte blindate dell'agenzia erano rimaste chiuse. La seconda rapina, invece, era andata a segno il 16 giugno dello stesso anno ai danni della ditta «Laser di Laura Fighjera & Co», a Ponzano Veneto - concessionaria Tupperware - con pistola puntata alla testa della titolare e a un'impiegata. Il gruppo era riuscito a scappare con 13 mila euro e 2700 in assegni. Ma durante la fuga erano stati bloccati e arrestati dai carabinieri. In un’udienza precedente, sei mesi fa, un’altro giudice veneziano aveva condannato coloro che avevano materialmente organizzato e compiuto i «colpi»: a 2 anni di reclusione con rito abbreviato (e, quindi, lo sconto di un terzo della pena) Maurizio Caponetto e Antonio Salerno, a un anno e 6 mesi Giuseppe Bartolo. Due imputati, infine, hanno patteggiato la loro pena: la "basista" veneziana Kendra Degli Angeli (8 mesi di reclusione) e Vincenzo Duro, un anno. Tutti gli imputati, compreso lo stesso Galatolo, sono stati assolti dalla pesante accusa di associazione a delinquere.
Stando alle indagini dei carabinieri del Ros del Veneto, il gruppo di siciliani commetteva rapine per ripianare i debiti al gioco del loro capo, Galatolo. A Mestre con la famiglia, aveva trovato un lavoro per se stesso e per il figlio nell'impresa di trasporti turistici di Otello Novello, il Cocco Cinese (sul quale è ancora aperta un’indagine della Procura antimafia per concorso esterno ad associazione mafiosa), al Tronchetto. In realtà, Galatolo il tempo lo passava per lo più a scommettere. Giocare nelle agenzie e perdere. E proprio una delle agenzie di scommesse mestrine era stata uno degli obiettivi. Era lui a trovare gli obiettivi e a ideare i colpi.
Ieri, ha negato di essere l’organizzatore, pur ammettendo che i suoi non avrebbero certo potuto compiere le rapine senza chiedere il suo assenso. Stando alla ricostruzione, Galatolo ha sempre respinto le accuse di aver organizzato le rapine soprattutto per allontanare da sè i sospetti di aver utilizzato i soldi, quelli delle rapine ma soprattutto quelli che arrivavano dalla Sicilia per la sopravvivenza della sua famiglia, per il gioco d’azzardo e le scommesse. Azioni che non sono certo degne di un boss di Cosa Nostra.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia