Concorsone a Mestre Da Lecce e Caserta per avere la cattedra

Si presentano allo scritto cento insegnanti per sei posti «Domande generiche e banali», «Una perdita di tempo»
Di Roberto Massaro
Concorsone per insegnanti al Luzzati di Mestre, nella foto Luigi Bianco
Concorsone per insegnanti al Luzzati di Mestre, nella foto Luigi Bianco

MESTRE. Concorsone per gli insegnanti, atto secondo. Questa mattina, all’istituto Luzzatti erano poco più di un centinaio (118 iscritti, qualcuno non si è presentato) per sostenere la prova scritta specialistica per la materia di insegnamento, in questo caso discipline meccaniche, per insegnanti di tecnologia. Una trentina i posti disponibili in tutta Italia, 6 riservati ai candidati presentatisi in Veneto, appunto a Mestre.

Una prova che ha lasciato l’amaro in bocca ai concorrenti. «Domande molto generiche e aperte a svariate modalità di risposta», commenta Marco, giovane precario veneziano, «che lascia ogni valutazione alla discrezionalità della commissione. Un modo per selezionare ulteriormente».

Su questo punto concordano praticamente tutti gli intervistati, che lamentano, anche, il poco margine concesso per lo sviluppo degli argomenti da trattare. «I temi», dice Marco P., leccese insegnante nel Veneto orientale, «potevano essere sviluppati in un intero trattato. Mi chiedi com’è andata? Ti rispondo: Boh!».

Tanta era l’attesa per quel concorso che può sistemarti per il resto della vita, da non farti capire come realmente possa essere giudicata la tua prova. «Attendevo questo concorso dal 2003, anno della laurea», dice Angelo Stamerra, arrivato da Lecce proprio per questo concorso. «Da allora ho sempre insegnato e ora spero proprio di poter ottenere l’abilitazione».

E c’è anche chi prova a mettere le mani avanti, come Luigi Liberti di Caserta: «Sono tecnico in un’azienda privata, ma ho fatto il concorso perché con la crisi si cerca anche l’alternativa».

E ancora, tra i tanti c’è chi chiede che venga riconosciuto il lavoro di insegnante precario. «Insegno in provincia di Potenza da 7 anni», dice Michele Vignola, «e a parer mio si dovrebbe procedere all’assunzione diretta, per rimediare a mancanze degli ultimi 20 anni».

Giudizio negativo alla prova anche da Giampietro Frescura, milanese insegnante a Treviso: «Prova semplice ma estremamente discrezionale. Dopo 4 anni di insegnamento all’Università e 7 in Itis a Treviso questo concorso pare più una presa in giro che altro. Quanti esami dovremmo ancora sostenere per dimostrare di essere idonei ad insegnare?». Sulla stessa lunghezza d’onda Domenico B.: «Prova semplice e banale», dice, «e sinceramente dopo 8 anni di insegnamento, corsi e prove di aggiornamento per il TFA (tirocinio formativo attivo, ndr) quello del concorso sembra tanto una perdita di tempo».

Rincarano Andrea Fraccaro e Rocco F.: «Con il TFA ordinario dovrebbero metterci a ruolo senza ricorrere all’ennesimo concorso. Prove di idoneità ne abbiamo superate, in 10 anni di esperienza d’aula, anche troppe».

«Insegno da 5 anni e mi sarei aspettato almeno una domanda sulla didattica o la normativa scolastica», chiude Luigi Bianco, napoletano residente nel Veneziano. «Domande invece molto tecniche e forse banali, che difficilmente saranno giudicate con obiettività».

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