«Concorrenza sleale e affitti alle stelle i barbieri spariscono»

Grido d’allarme di Enrico Vettore, referente Confartigianato «Categoria ai minimi: dai 32 del 1976 oggi sono rimasti in 7»
Di Simone Bianchi

In quarant’anni la presenza di barbieri e parrucchieri in centro storico si è ridotta del 60 per cento. Soprattutto i primi, i barbieri, sono una “specie” in via d’estinzione non venendo più rilasciate nuove licenze, come stabilito dall’Unione Europea. In attività ne sono rimasti appena 7, quando nel 1976 erano addirittura 32. Una delle botteghe più amate dagli uomini di un tempo, verrebbe da dire, è in via di sparizione. Un luogo dove trascorrere i minuti in attesa leggendo il giornale o parlando, quindi sedendosi sulla poltrona per farsi fare barba, appunto, o capelli.

Ma a Venezia non va certo meglio ai parrucchieri per uomo e donna, che quarant’anni fa erano addirittura 186 e che poi hanno visto 112 colleghi abbassare per sempre la saracinesca. Solo i centri di estetica (ne rimangono ancora 15) reggono all’urto della concorrenza spietata, dell’abusivismo, delle attività gestite da cinesi o da chi si arrangia in casa o perfino al parco.

Sono infatti questi il “nemico numero uno” di una categoria artigianale che soffre in centro storico come mai forse prima. «Ci possiamo aggiungere anche gli affitti alle stelle e lo spopolamento della nostra città, ma senza dubbio a farsi sentire è soprattutto l'abusivismo e una concorrenza sleale che lascia il segno da tempo», afferma Enrico Vettore, responsabile categorie, formazione e sviluppo d’impresa di Confartigianato Venezia. «Unificati da diversi anni in un unico settore denominato acconciatori uomo-donna, i parrucchieri e i barbieri, soprattutto quelli che continuano a dedicarsi solo all’ambito maschile, risentono forse più di altre categorie le problematiche che oggi rendono sempre più precaria e difficile l'attività artigianale. Considerando che barbieri e parrucchieri per signora lavorano al 90 per cento con i residenti, il calo demografico non può non influire negativamente sull’andamento della loro attività. A ciò bisogna aggiungere il calo generalizzato del potere d’acquisto che rende gli acconciatori una categoria di cui servirsi con molta meno frequenza di un tempo».

Secondo Enrico Vettore non aiutano poi il tariffario, sostanzialmente fermo da anni e non adeguato all’aumento dell’inflazione, il continuo rialzo delle spese di gestione e ovviamente, come nel caso di altre attività commerciali costrette ad abbassare la saracinesca e magari tentare di resistere altrove sul mercato, quello degli affitti.

L’abusivismo, poi, sottolinea il referente della Confartigianato, è un fenomeno dilagante. Basti pensare a chi esercita in abitazione senza la licenza, a chi lavora pure a domicilio, o alle donne extracomunitarie che tagliano i capelli sulle panchine dei parchi (cosa vista sempre più spesso anche a Mestre, ndr). E c’è pure la grande concorrenza delle catene straniere, dei negozi ospitati dai centri commerciali oppure da quelli cinesi che con appena 8 euro offrono un taglio di capelli. Il malumore nella categoria è notevole.

«Sono tutte situazioni molto penalizzanti per i nostri associati, e anche per questo servirebbero maggiori controlli da parte delle istituzioni preposte», conclude Vettore «E non scordiamoci quegli operatori in regola che hanno cessato l’attività per pensionamento ma che, in realtà, continuano a fare l’acconciatore in nero».

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