Comprati trenta chili di esplosivo adesso si cerca il nascondiglio
MESTRE. Dove è finito l’esplosivo da cava? È la domanda che si fanno i carabinieri della Compagnia di Chioggia del capitano Antonello Sini all’indomani dell’operazione che ha portato all’arresto di 11 persone responsabili a vario titolo di 41 assalti ai bancomat del Nordest le cui figure di spicco risiedevano in Riviera del Brenta. Negli ultimi due anni infatti la banda era riuscita ad acquistare dai fornitori bolognesi, secondo quanto i militari sono riusciti ad accertare, non meno di 30 chili di esplosivo da cava, un materiale con maggiore esplodente e che avevano deciso di sostituire alle polvere pirica, usata solo nei primi colpi.
L’esplosivo dunque è stato in parte utilizzato per far saltare i bancomat, in parte è stato ceduto a Moreno Voltan, 56enne di Legnaro, che contraccambiava fornendo i detonatori, e in parte deve essere stato nascosto in un luogo sicuro che ora i carabinieri stanno cercando di localizzare. Indicazioni importanti sul nascondiglio potrebbero arrivare anche dagli interrogatori degli undici arrestati, programmati per i prossimi giorni. Tutto da approfondire, per gli investigatori, è anche il ruolo di Voltan - detto il “bistecca” - perché ci sono sospetti che il padovano potesse essere interessato all’esplosivo perché membro di un’ulteriore batteria dedita a colpi ai danni di banche e uffici postali. Nell’ambito dell’operazione il reato più grave contestato dal pubblico ministero Stefano Ancillotto riguarda l’associazione a delinquere finalizzata ai furti e all’utilizzo di esplosivo. Un reato del quale devono rispondere Maurizio Bettio, 55 anni, di Fiesso d’Artico; Luciano Conte, 56 anni, di Camponogara; Daniele Antico, 59 anni, di Porto Viro; Pietro Angelo Scarpa, 56 anni, di Porto Viro; Ughetto Bonamici, 68 anni, di Comacchio; e Nello Dogamenti, 73 anni, di Codigoro. Sono loro, secondo i carabinieri, il nucleo più importante del gruppo. Tra loro un ruolo di primo piano spetta di sicuro ad Antico, che richiamava all’ordine i compagni di batteria invitandoli a dare la priorità agli impegni professionali e non invece a quelli personali.
Il fatto che fossero organizzati, non solo per far saltare i bancomat ma anche per tenere a debita distanza le forze dell’ordine, lo riprova anche il ritrovamento fatto all’interno dell’Audi A6 Avant Station Wagon utilizzata per gli assalti al partire dal 7 agosto del 2013: alcune scatole piene di chiodi a quattro punte, che in due occasioni i banditi, molti dei quali con una storia criminale alle spalle, non avevano esitato a lasciar cadere sull’asfalto per fermare le auto delle forze dell’ordine che si erano messe al loro inseguimento dopo i colpi.
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