Commercianti di Piazza San Marco, Vernier lascia: «Venezia aggredita dal turismo ma il contributo d’accesso non serve»

Claudio Vernier lascia il ruolo di presidente dell’associazione dopo otto anni: «Fatto un grande lavoro per salvare l’area marciana»

Eugenio Pendolini
Claudio Vernier
Claudio Vernier

Claudio Vernier lascia la presidenza dell’associazione Piazza San Marco dopo otto anni al vertice. Ieri sera è stato nominato il nuovo consiglio direttivo, nelle prossime settimane sarà invece indicato il nuovo presidente.

Un periodo lungo e significativo, quello vissuto da Vernier, che ha attraversato momenti delicati come l’acqua alta del 2019, il Covid e l’esplosione del turismo di massa. Il bilancio finale dei mandati da presidente dell’associazione è, per Vernier, uno spaccato tra le difficoltà di Venezia, oltre che del salotto di piazza San Marco, e le prospettive future della città.

Vernier, partiamo dall’inizio. Come nasce l’esperienza con l’associazione e come mai la decisione di dire basta?

«Io sono nel consiglio direttivo dal 2013, dal 2017 sono diventato presidente, riconfermato per due mandati successivi. La mia prima decisione è stata di dare una personalità giuridica all’associazione, con la finalità di promozione e tutela dell’area marciana, e di limitare a tre i mandati da presidente. Avrei potuto fare un terzo mandato, ma non mi sembrava coerente».

Quali sono le esperienze che più hanno segnato questi anni?

«Sono stati anni importanti e impegnativi per Venezia. È esploso l’overtourism, abbiamo avuto l’Acqua granda e il Covid, con tutta la crisi che ne è derivata. Con lungimiranza e attenzione, siamo riusciti a difendere la città. Nel 2019 ci siamo rialzati subito e con l’associazione albergatori ci siamo dati da fare per far capire che la città era ripartita. Anche l’impegno per la messa in asciutto dell’area marciana è stata una grande conquista grazie al lavoro di squadra con la Procuratoria».

Come sta oggi la Piazza?

«Meglio, grazie anche a meriti nostri. Nel 2019, grazie alla collaborazione con l’assessore Zuin, è nato un regolamento precursore dell’antipaccottiglia, a tutela delle nuove aperture nell’area marciana e a Rialto. Con acqua granda e Covid, tanti sono stati i tentativi di speculazione in Piazza con attività di dubbia legalità. Il Mose poi ha dato fiducia agli imprenditori. Ora la Piazza è tornata vetrina della città dotata di anticorpi. Poi fondamentali sono stati anche gli investimenti di Venice Garden Foundation e di Human Safety Net».

San Marco, in questi anni, è stata la prima linea del turismo di massa. Cosa pensa dell’evoluzione del fenomeno?

«Siamo passati da 9 milioni di visitatori agli oltre 30 milioni, è un’aggressione all’anima della città. È una città stupenda da tutti invidiata, ma nonostante questo perde mille abitanti all’anno. Dovrebbe essere meravigliosa anche per viverci, con uno stile di vita unico, con una socialità spiccata legata al vedersi in viso camminando per strada, il silenzio, la mancanza di macchine. Si è trasformata la città ma anche il tipo di turista, oggi sempre più attento al mettere una bandierina».

Qual è il suo giudizio sul contributo d’accesso?

«Per come è stato concepito non soddisfa lo scopo di ridare equilibrio tra chi la città la vive e ci lavora e chi la vuole visitare. Se arrivi in un posto dove fai fatica a camminare, ad entrare in un museo o a prendere un battello, è evidente che il punto di rottura è stato superato. È giusto prenotare e chiedere un contributo che poi però dovrebbe essere restituito nel momento in cui si usano certi servizi. E soprattutto dev’esserci una soglia che ti dica se la città è arrivata al limite delle presenze o meno».

Qual è il suo giudizio sull’amministrazione della città negli ultimi anni?

«Il nostro punto di partenza è che se stanno bene i residenti stanno bene anche i turisti. Forse a quest’amministrazione è mancato il dialogo con chi la città la conosce e la vive difendendo il suo patrimonio immobiliare e intangibile, come la voga o l’artigianato. Coloro che stanno cercando di salvare l’anima di una città che si sta perdendo».

Esclude ora un suo futuro nella politica veneziana?

«Non riesco a stare fermo, l’amore per questa città è dirompente. Al momento non ci ho ancora pensato ma l’affetto di soci e amici si fa sentire. E in tanti iniziano a chiedermelo. Ci penserò seriamente».

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