Commercialista “povero” per non pagare il ticket

VENEZIA. Solo il tempo trascorso dai fatti ha impedito una condanna. Ieri, infatti, il giudice monocratico di Venezia Sara Natto ha dichiarato estinta grazie alla prescrizione l’accusa nei confronti del 72enne commercialista trevigiano Paolino Zambon: doveva rispondere di un falso ideologico compiuto in un atto pubblico.
A «pizzicarlo» sarebbe stata la Guardia di finanza, che ha compiuto i controlli sulle richieste avanzate dai pazienti dell’Asl 10 del Veneto Orientale. Zambon, studio nel capoluogo della Marca ma residente a Villorba, il 17 ottobre 2007 avrebbe attestato il falso nella dichiarazione sostitutiva in un certificato di prescrizione medica. Sul retro del documento, il professionista trevigiano avrebbe sostenuto di aver incassato per l’anno precedente un reddito inferiore a 36 mila euro. Una cifra che allora gli avrebbe permesso di non pagare il ticket per la prestazione che aveva richiesto nella struttura sanitaria di San Donà. Le «fiamme gialle», invece, gli avrebbero fatto letteralmente i costi in tasche e contestato che il suo reddito, in quell’anno fiscale, aveva superato i 387 mila euro, una cifra dieci volte superiore a quella da lui denunciata che lo poneva nella lista dei più ricchi del Veneto.
Nei confronti del commercialista trevigiano era partito un decreto penale di condanna firmato dal giudice: avrebbe dovuto pagare una multa di 228 euro in sostituzione di una pena detentiva di sei mesi di reclusione (il codice penale prevede per questo tipo di falso una condanna fino a due anni, ma in questo caso sono scattate una serie di attenuanti a cominciare da quella dell’incensuratezza). Il difensore dell’imputato, però, ha presentato ricorso e così è partita la procedura per il processo in aula davanti al giudice monocratico. A Venezia sono migliaia i fascicoli negli armadi del Tribunale e il processo, dopo una prima udienza (quella che solitamente viene definita filtro) si è concluso ieri, a ben sette anni e otto mesi dal fatto contestato all’imputato. Il giudice non ha potuto che leggere una sentenza in cui ha dichiarato la prescrizione, visto il tempo trascorso. Solo se Zambon avesse rinunciato, il magistrato avrebbe potuto pronunciarsi sulla responsabilità o meno del commercialista, si tratta di una sua facoltà ma non l’ha fatto, presumibilmente anche su suggerimento del suo avvocato difensore, il quale ha presentato ricorso contro il decreto penale considerando i tempi della giustizia.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia