Comar, commissario entro gennaio
VENEZIA. Una settimana per presentare memorie e osservazioni. Poi l’Autorità nazionale Anticorruzione (Anac) deciderà il nome del commissario straordinario che governerà la Comar srl (Costruzioni Mose Arsenale spa), impresa delle aziende del Mose Mantovani, Condotte e Fincosit dichiarata «commissariata».
In base a numerosi rapporti inviati dai commissari che governano il Consorzio Venezia Nuova (Luigi Magistro e Giuseppe Fiengo) è stato il presidente Cantone a prendere la decisione, comunicata con lettera l’8 gennaio scorso. «Non commento le decisioni dell’Autorità, ne prendo atto», si limita a dire Magistro.
Salvo clamorose sorprese potrebbe essere proprio lui con il collega Fiengo a governare la società, creata nel 2009 al solo scopo di gestire le gare d’appalto. Adesso i commissari hanno deciso di riprendere il controllo degli appalti. E la struttura sarà assorbita dalla casa madre. Episodi finiti più volte sotto la lente. Come gli appalti per il famoso jack-up, la nave da 50 milioni che dovrebbe rimuovere le paratoie dal fondo della laguna e trasportarle in Arsenale. Prototipo messo a gara, poi affidato direttamente alla Mantovani e alla Fip di Padova costato oltre 50 milioni di euro. E ancora non funzionante.
I riflettori sono adesso accesi sui meccanismi di affidamento dei lavori degli ultimi anni. Molte parti del sistema Mose come le porte della conca e altri meccanismi venivano affidate o messe a gara con procedure decise dalla Comar, società delle imprese. In qualche caso con maggiori costi consistenti, che andavano ad aggiungersi ai prezzi in regime di monopolio e all’aggio del 12 per cento di spettanza del Consorzio. Adesso i sette dipendenti della Comar saranno assorbiti dal Consorzio. Eliminando la «sovrastruttura».
Resta la preoccupazione per gli altri 28 operai della Cav, la Costruzioni Arsenale Venezia anch’essa di proprietà delle imprese del Mose e in via di scioglimento. Il valore della Cav sta oggi nell’avere il “ramo di azienda” della ex Palomar, che era stata acquistata per sei milioni di euro dal Consorzio con soldi pubblici. Dunque le attrezzature e la possibilità di usare gli storici Bacini di carenaggio. Proprio su questo gli operai adesso annunciano una offensiva. «Stiamo contattando i nostri legali», dicono, «perché vogliamo impedire altre operazioni sulla nostra pelle».
Gli operai hanno chiesto un incontro urgente al sindaco Brugnaro. Vogliono rilanciare la cantieristica e mettersi a disposizione: «Ben venga la chiarezza sugli appalti e le spese», dicono, «chiediamo anche perché la nostra azienda ha rifiutato lavoro e commesse per la riparazioni di navi. All’Arsenale la cantieristica deve rimanere e il Comune può gestire i Bacini medio e grande. Può anche coesistere con le paratoie. Ma non deve sparire».
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