Colpo di scena: la Cassazione toglie l’ergastolo a Monica Busetto
MESTRE. L’omicidio di Lida Taffi Pamio, uccisa nel dicembre 2012 nel suo appartamento in via Vespucci, ha riservato l’ennesimo colpo di scena, arrivato dopo la mezzanotte di ieri dalla Corte di Cassazione: per Monica Busetto, accusata di omicidio volontario aggravato dall’efferatezza e crudeltà e dai futili motivi, i giudici romani hanno annullato la sentenza di ergastolo della Corte d’Assise d’Appello limitatamente all’aggravante dei futili motivi.
Il giudizio è stato rinviato alla Corte d’Assise d’Appello in diversa composizione che su ciò si dovrà pronunciare. In primo grado l’operatrice sociosanitaria, che si è sempre detta innocente, era stata condannata a 24 anni e 6 mesi. In virtù del riconoscimento dell’aggravante, in secondo grado era arrivato l’ergastolo.
«I motivi del ricorso in Cassazione erano legati alle carenti, contraddittorie e insussistenti motivazioni della Corte d’Assise d’Appello», spiega l’avvocato Alessandro Doglioni che difende l’imputata assieme al collega Enrico Busetto, «Per questo a mio parere i giudici di secondo grado dovrebbero riprendere in mano tutta la sentenza e rivalutare il processo nella sua interezza».
Tutto si gioca sul movente del delitto. Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado si legge: «In primo grado era rimasto ignoto il movente. Ora, però, le indicazioni provenienti dalla Lazzarini consentono di colmare tale lacuna: la Busetto (...) ha aderito alla richiesta di aiutarla a finire Taffi Pamio utilizzando il “pretesto” per farla finita con quella donna che la “sputtanava” e non le stava simpatica». «Difficile limitare la questione ai futili motivi, va presa in considerazione la questione dell’attendibilità della Lazzarini», chiarisce l’avvocato Doglioni.
Susanna “Milly” Lazzarini, rea confessa dell’omicidio Taffi Pamio, dopo quattro interrogatori davanti alle pm Lucia D’Alessandro e Alessia Tavarnesi in cui si era addossata la colpa, aveva tirato in ballo Busetto, sostenendo che fosse stata lei a finire l’anziana con una coltellata al collo. Tra le altre prove a carico di Busetto, il dna della vittima trovato su una catenina rinvenuta a casa dell’operatrice sociosanitaria. «Una contaminazione» per la difesa.
Entro 30 giorni saranno depositate le motivazioni della sentenza e gli avvocati imposteranno la strategia difensiva in vista del nuovo processo che verosimilmente non sarà celebrato prima dell’inverno. Nei prossimi giorni i difensori effettueranno i conteggi sulla pena già scontata. Non è escluso che tra alcuni mesi Monica Busetto possa uscire di cella. Ma l’ipotesi al momento sembra piuttosto lontana. Ieri intanto i suoi difensori sono andati a trovarla a Verona. Quando li ha visti, Monica ha pensato di essere libera. Capita la situazione, si è sfogata: «Non ce la faccio più».
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