Colonscopia errata, chiede i danni all’Usl

Donna di 72 anni si sottopone all’esame all’ospedale di Jesolo. Due giorni dopo operata d’urgenza per la lesione del colon
Di Rubina Bon

JESOLO. Una colonscopia e, quarantott’ore dopo, un intervento chirurgico d’urgenza per l’asportazione di metà colon, con tutte le conseguenze del caso. È l’odissea vissuta da R.Z., classe 1940 di Fossalta di Portogruaro, che, difesa dall’avvocato Matteo Mion del Foro di Padova, ha chiamato in causa l’azienda sanitaria 4 Veneto Orientale (ex Usl 10) per chiedere il risarcimento dei danni patiti. Secondo quanto sancito dalla consulenza medico-legale conferita dal giudice Silvia Barison al dottor Nico Zaramella, specialista in medicina legale, la lesione del colon è stata causata dall’esame a cui la donna si era sottoposta due giorni prima nel reparto di Chirurgia dell’ospedale di Jesolo. Scrive infatti il dottor Zaramella che «L’azione endoscopica fu certamente di natura “eccessivamente e ingiustificatamente traumatica” tale da determinare sia uno scollamento delle tonache viscerali, sia, soprattutto, una trazione tale a livello del mesocolon da determinare la lacerazione». Secondo il perito del tribunale, il trauma subìto dalla paziente «esorbita largamente da una corretta manipolazione endoscopica» e deve essere censurato «giacché ben oltre i limiti accettabili nel corso di normali analoghe procedure».

R.Z. si era sottoposta alla colonscopia all’ospedale di Jesolo il 9 novembre 2012. In sede di consulenza tecnica d’ufficio, la donna aveva raccontato di aver sentito molto dolore durante l’esecuzione dell’esame, nonostante la sedazione superficiale. Al termine dell’accertamento, il medico aveva refertato la “normalità endoscopica”. Ma due giorni dopo, l’anziana si era sentita male: si era presentata alla guardia medica e quindi subito trasferita all’ospedale di Portogruaro, dove veniva ricoverata in Chirurgia. Sottoposta a laparotomia urgente, le veniva diagnosticato un vasto ematoma, tale da compromettere la vitalità del colon destro. I medici avevano dunque deciso di procedere chirurgicamente d’urgenza a emicolectomia, ovvero all’asportazione della parte destra del colon. Secondo l’Usl, che si è costituita in giudizio, «la colonscopia, che si attiva mediante aria insufflata in addome, ha come complicanza prevedibile, ma non prevenibile, quella che in effetti si è verificata».

Il medico legale ha stimato nel 20% il danno biologico patito dalla donna, oltre che un livello di sofferenza elevato per 15 giorni, medio per i successivi 45 giorni e medio-lieve nel cronico. Tenuto conto di quanto sancito dalla consulenza tecnica d’ufficio richiesta dal tribunale, gli avvocati della paziente e dell’azienda sanitaria del Veneto Orientale stanno lavorando per quella che tecnicamente si chiama “composizione della lite”, ovvero a un accordo transattivo. L’avvocato Mion chiede che R.Z. venga adeguatamente risarcita per l’errore medico del quale è stata vittima e per le conseguenze che si è trovata a dover patire in seguito a quella colonscopia. La quantificazione del risarcimento è in corso di definizione, si tratta comunque di decine di migliaia di euro.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia