Collezionismo, Provenzano resta senza eredi
MARGHERA. La sua vita, densa di avvenimenti coincidenti con la storia di Marghera del dopoguerra, è così ricca di aneddoti che potrebbe diventare uno di quei fumetti che sono stati parte integrante e fondamentale della sua vita, magari illustrato da Lele Vianello, Fenzo, Ongaro, “maestri” veneziani dell’arte pittorica e suoi amici di una intera vita.
Nel 2013 Francesco Provenzano compirà 70 anni e, nonostante il suo storico negozio “la bottega dell’usato” di via Pasini sia chiuso da tre anni, gli amici di sempre e i clienti di una volta continuano a contattarlo per consigli, valutazioni, anche solo una chiacchierata sul filo dei ricordi.
Perché Provenzano, origini palermitane ancora chiare nell’accento, ma di casa a Marghera dal 1977, è stato il vero punto di riferimento culturale del quartiere. Nel suo negozio di collezionismo sono passate intere generazioni di ragazzi, lavoratori, abitanti del quartiere, tra problemi, cambiamenti e crisi, quando un numero storico di Tex, “Il massacro di Goldena” valeva 250mila lire, cioè quasi un buon stipendio.
«Quando ho aperto», ricorda Provenzano, «sono stato il primo qui in quartiere, ma Mestre e Venezia avevano un forte numero di appassionati e di conseguenza di negozi di collezionismo: solo Mestre ne contava una decina. Marghera era nel pieno delle sue potenzialità lavorative e di espansione. Così, dato che ormai la mia vita si era stabilizzata qui per il lavoro dei miei genitori, nonostante la mia iniziale contrarietà e la voglia di tornare a casa, ho deciso di rimanere, e non me ne sono pentito».
Gli aneddoti da raccontare, per un’attività che vive con il contatto diretto con la gente non solo del quartiere, sarebbero naturalmente moltissimi. «Troppi», dice amaramente Provenzano. «Sono ad esempio quelli che riguardano le persone legate alla droga nei primi anni ’80. C’era un gruppo di ragazzi che veniva spesso a portarmi dischi e fumetti da collezione molto belli: avevano bisogno immediato di soldi. Spesso io li accettavo e li tenevo in magazzino senza venderli, sperando - troppe volte smentito - che ci ripensassero e riuscissero a uscire dal tunnel».
Con gli anni novanta, poi, le prime crisi. «Sia del lavoro a Marghera, con meno gente in giro, molte famiglie costrette a cambiare casa e i primi massicci arrivi degli extracomunitari; sia del settore del collezionismo, parzialmente limitato dal boom effimero delle schede telefoniche. Marghera è allora cambiata profondamente, tanto che, sbagliando, molti preferivano non venire a vivere qui ritenendola malsana e poco sicura. Io, invece, attualmente vedo pochi posti migliori come aree verdi e vita tranquilla».
Nel 2009, infine, la meritata pensione, con un solo rimpianto: «Tutti sapevano che a fine anno avrei chiuso, eppure nessuno si è fatto avanti per rilevare l’attività. Ormai i giovani, e lo capisco, hanno paura ad investire in una attività loro, specialmente in un settore che è in evidente crisi, specchio della situazione del paese».(ma.to.)
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