Codello: «Vado a Roma, un grande onore»

La soprintendente: rifarei quello che ho fatto. Rimpianti? Non finire gli interventi a Sacca Sessola, Certosa e Arsenale
Di Alberto Vitucci

«Un grande onore. Ma anche un impegno importante». Soddisfatta e un po’ emozionata, la soprintendente Renata Codello commenta così la sua promozione a capo della Soprintendenza di Roma, uno degli incarichi più prestigiosi del ministero dei Beni culturali. Decisione maturata venerdì e comunicata in serata dal ministero all’architetto trevigiano, da nove anni Soprintendente a Venezia.

Sorpresa o soddisfatta?

«Beh entrambe le cose. La soddisfazione grande è che in questo modo viene riconosciuto ai più alti livelli il lavoro portato avanti in questi anni dal mio ufficio».

In che senso?

«Che viene apprezzato ciò che è stato fatto. In particolare le nuove architetture, i restauri, il dialogo con le istituzioni, l’inserimento del moderno nel contesto antico, che è stato il filo conduttore di questi anni».

Qualche esempio?

«Le realizzazioni che si possono ammirare oggi, soprattutto sul piano della cultura: il restauro di Punta della Dogana con l’architetto Tadao Ando, i restauri alla Fondazione Cini, Le nuove Gallerie dell’Accademia, palazzo Grimani, l’Arsenale e tanto altro».

E il nuovo padiglione Jona.

«Eravamo partiti male, con un progetto che non si poteva approvare. Abbiamo insistito, e alla fine il progetto è stato cambiato e adesso l’Ospedale civile è ripartito, con reparti e strutture moderne».

Soddisfazioni e anche qualche contestazione. Come per le maxipubblicità a palazzo Ducale.

«Contestazioni che non avevano fondamento. Anche nelle altre città si è usato quel sistema per cercare i fondi per i restauri. E l’obiettivo alla fine è stato raggiunto. Mi pare che questa nomina sia anche una risposta a chi aveva chiesto al ministro di rimuovermi».

Contestazioni ne ha avute anche per le grandi navi.

«Anche in questo caso ho cercato di fare esclusivamente il mio dovere. Di attenermi alla legge e alle mie competenze con senso delle istituzioni. Non altro».

C’è qualcosa che non rifarebbe?

«No, prima di agire studio e cerco di riflettere. Rifarei tutto».

Un rimpianto?

«Di non poter portare a termine alcuni progetti già avviati come Sacca Sessola, gli interventi alla Certosa, l’Arsenale».

Soddisfazioni?

«Beh, quando la Cassazione mi ha dato ragione per la vicenda delle Torri di Jesolo. E anche quando il Tar ha respinto i ricorsi delle associazioni contro il progetto di restauro».

Dicono che Lei non ha mai ascoltato le critiche.

«Le critiche pretestuose no. Quelle costruttive sono state accolte quando si poteva. Ad esempio nello stesso caso del Fontego dei tedeschi».

«Dopo nove anni Lei va a dirigere la Soprintendenza più importante d’Italia. Con Venezia ha chiuso?

«Sono a disposizione anche per collaborare e dare consigli, se Lei lo riterrà, all’architetto che prenderà il mio posto, di cui ho grande stima. Ma credo che il nuovo incarico assorbirà molte delle mie energìe».

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