Citran e Sartor: ai veneti il Teatro Stabile

VENEZIA - È un macigno - più che un sasso - nello stagno apparentemente immoto del Teatro Stabile del Veneto, a pochi giorni dal termine dell'invio delle candidature per il rinnovo del Consiglio di amministrazione, quello che scagliano due attori veneti di fama e valore nazionale - e oltre - come Roberto Citran e Fabio Sartor con la lettera aperta inviata ai due sindaci di Padova e di Venezia Giorgio Orsoni e Fabio Zanonato, che pubblichiamo in questa pagina. Sartor, 59 anni, di Castelfranco, ha lavorato in teatro a fianco di Giorgio Strehler e Peter Stein e al cinema con registi come Mel Gibson per “La Passione di Cristo” o Peter Greenaway per “Il ventre dell'architetto”, ma è ancora un volto televisivo noto per la partecipazione a numerose fiction. Come del resto Roberto Citran, 58 anni, padovano, che ha anche un intenso curriculum cinematografico, oltre che di attore teatrale, avendo lavorato con registi come Giuseppe Mazzacurati, Francesco Rosi, Cristina Comencini, Silvio Soldini, John Madden. Entrambi, con la loro lettera, chiedono a Orsoni e Zanonato, una cosa ovvia e perciò rivoluzionaria: che la maggiore istituzione teatrale del Veneto sia restituita anche agli attori veneti, che ne sono stati finora pressoché esclusi. Quella delle nomine dello Stabile è stata infatti in questi anni una partita tutta politica, giocata tra il Ministero e la Regione, con i Comuni di Padova e Venezia spettatori interessati. È così anche in queste settimane, con una delicata trattativa sotto traccia, che vede Laura Barbiani, ormai da dieci anni presidente dell'istituzione, in scadenza, tentata dallo spostarsi acrobaticamente dalla poltrona di presidente a quella di. direttore, con compiti anche organizzativi, occupata però sino al giugno 2014 da Alessandro Gassmann, che lei stessa ha scelto per l'incarico. Per quella di presidente, ormai puramente onorifica e non retribuita, c'è in pole-position Angelo Tabaro, fino a pochi mesi fa segretario regionale della Cultura a Palazzo Balbi. Di Gassmann, si sa solo il nervosismo crescente e dissimulato, anche per il mancato rinnovo - fino ad oggi - del contratto al suo massimo collaboratore Massimo Tamalio, il che sembra quasi un modo per togliergli un po' di terra sotto i piedi, visto che l'attore è spesso lontano dal Veneto per i suoi impegni teatrali e cinematografici e Tamalio rappresenta il suo indispensabile terminale organizzativo.
La vicenda è poi intossicata anche da altre polemiche, come appunto quella sullo stipendio percepito da Barbiani, per un incarico puramente onorifico in base alla legge attuale e per il quale un privato cittadino ha già presentato un esposto alla Guardia di Finanza di Cittadella. A sua difesa è già intervenuto il Ministero dei Beni Culturali con una lettera della Direzione regionale per lo spettacolo dal vivo in cui si precisa che "il compenso percepito dalla dottoressa Barbiani, attuale presidente dell'Associazione Teatro Stabile del Veneto, è strettamente correlato agli ulteriori compiti (che vanno ben oltre la mera legale rappresentanza dell'ente, la supervisione strategica e la partecipazione alle riunioni del consiglio di amministrazione) che lo Statuto dell'Associazione, attualmente vigente, conferisce al presidente». Precisa ancora il Ministero: «infatti, il presidente dell'Associazione in questione esercita, altresì, le funzioni di amministratore delegato, così come deliberato dall'Assemblea dei soci fin dal 1997». In tutte queste vicende i Comuni di Venezia e di Padova - soci dello Stabile con la Regione, anch’essa assente sulla questione dopo il passaggio della presidenza da Giancarlo Galan a Luca Zaia - giocano un ruolo puramente contemplativo, comunque di sostegno a Barbiani. Quello di Venezia ha almeno lanciato, doverosamente, il bando pubblico per la presentazione di candidature al consiglio del Teatro Stabile, in cui non confermerà comunque Massimo Zuin. Quello di Padova non ha fatto neppure il bando, pur trattandosi di un incarico pubblico. Forse perché Zanonato ha già deciso di riconfermare Luca Proto. Per questo, ora, a pochi giorni dalla scadenza, la lettera aperta di Sartor e Citran è destinata a dare fastidio, perché rivendicare da parte loro «il diritto, ma soprattutto il dovere di occuparci del teatro nel Veneto», suonerà male alle orecchie dei professionisti della politica, rompe i rituali delle decisioni prese da pochi nelle segrete stanze e comunicate solo a trattative concluse e obbliga almeno a un po' di trasparenza nelle decisioni e a qualche spiegazione. Orsoni e Zanonato: se ci siete, battete un colpo.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia