«Ci sono pochi negozi e troppa ristorazione»: lo studio Iuav che mette in guardia Mestre
Presentato dalla professoressa Fregolent il risultato del laboratorio con gli studenti: Il rischio è che diventi una brutta copia di Venezia
MESTRE. Moltissime attività legate al “food” e poca varietà con il rischio, dietro l’angolo, che anche Mestre si possa trasformare in una monocultura turistica brutta copia di quella di Venezia. Per questo serve una forte progettualità, per dare un indirizzo frutto di una idea ben precisa di città, a chi decide di buttarsi in una nuova avventura.
Ieri mattina nel municipio di Mestre, Laura Fregolent, docente Iuav, con i suoi studenti del laboratorio analisi urbana, ha presentato davanti all’assessore al Commercio, Sebastiano Costalunga e alla presidente del consiglio, Ermelinda Damiano, il lavoro dei suoi corsisti, i quali hanno mappato Mestre e Venezia sotto il punto di vista delle attività commerciali. Ieri è stata la volta del focus realizzato in terraferma, nell’area che si allunga dalla stazione fino in piazza, censendo 310 attività commerciali geo referenziate e suddivise per tipologia su 523, che sono quelle complessive del cuore della città. Scopo? «Capire le trasformazioni utilizzando la lente di ingrandimento del commercio, potentissima interpretazione della scala urbana», parole della docente.
Vince il food
Di queste 310 attività, ben 77 rientrano nella categoria «bar, locale tradizionale, bacaro». E ancora 10 cibo veloce, 21 alimentari da preparare, 9 tra pasticcerie e gelaterie, 15 ristoranti, 21 rientrano nella fascia “altro alimentare”. Nel complesso le attività legate al “food” sono 130, e questo la dice lunga sulla tipologia che sta prendendo più piede. Legata soprattutto al turismo – 44 gli hotel censiti – che in questa estate post covid, sta vivendo un boom. Significativo il fatto che a causa del Covid, abbiano chiuso in via definitiva soltanto 2 attività, numero poco rilevante nell’ottica complessiva.
Serve una visione forte
«Il commercio è un elemento in molti casi rivitalizzatore di parti della città dimenticate» commenta il vicedirettore di Confesercenti, Michele Lacchin, che analizza i dati emersi. «La parte di Mestre che si allunga dalla stazione al centro, è quella più interessata alle trasformazioni e con una forte connotazione del commercio in senso turistico non stanziale ma riflesso del turismo che guarda al centro storico e che deve essere studiato perché non avvengano le “degenerazioni” di Venezia. Il pericolo è che Mestre si trasformi in una mono economia turistica di rimbalzo della città storica». Prosegue: «Il punto di forza è che a Mestre a differenza di Venezia, ci sono i residenti: durante il Covid Venezia è rimasta isolata, a Mestre gli esercizi commerciali hanno resistito, si sono trasformati per aiutare la popolazione nel momento della necessità e questo ha valorizzato gli esercizi di prossimità: questi anni hanno consentito alle attività del centro di riqualificarsi». Cosa serve: «Una visione della città che vogliamo, in questo senso bene ha fatto il comune a mettere un tetto ai plateatici di piazza Ferretto, per evitare che diventi una food court».
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