Chiusa la moschea, rapporto in Procura

Notificato il provvedimento. La Biennale: «Gli artisti devono attenersi alle norme». La comunità islamica: occasione persa
Di Alberto Vitucci
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 22.05.2015.- Notifica della Polizia Municipale e chiusura della Moschea della Misericordia.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 22.05.2015.- Notifica della Polizia Municipale e chiusura della Moschea della Misericordia.

Moschea chiusa. Ieri poco dopo le 13 due vigili urbani si sono presentati alla chiesa dell’Abbazia della Misericordia, sede del Padiglione islandese della Biennale, e hanno notificato l’atto firmato dal dirigente dell’assessorato al Commercio. «Non avendo rispettato le prescrizioni la Scia, dichiarazione di inizio attività, è da considerarsi decaduta».

Nessuna motivazione di ordine pubblico, secondo gli uffici comunali. Ma «violazioni amministrative» che sarebbero state registrate con foto in tre sopralluoghi compiuti dai vigili urbani. «Installazione artistica trasformata in luogo di culto; troppi ingressi, soprattutto il giorno della vernice e il venerdì, tradizionale giornata che i musulmani dedicano alla preghiera. Un tam-tam che andava avanti da giorni. E le proteste alla fine hanno avuto la meglio sulla ricerca di un compromesso. La Polizia municipale ha, intanto, inviato il suo rapporto sul caso anche in Procura: il procuratore aggiunto Adelchi d’Ippolito sta valutando se sussistano o meno elementi per aprire un fascicolo penale o si tratti solo di una vicenda amministrativa.

«Non hanno fatto resistenza, hanno provveduto spontaneamente a chiudere la chiesa», dicono i due vigili urbani che hanno notificato al responsabile del padiglione islandese l’atto di chiusura. Adesso ci sono 60 giorni di tempo per ricorrere al Tar. Ma il clamore per la decisione del Comune è assicurato. «Siamo profondamente dispiaciuti», commenta il presidente della comunità islamica Mohamed Amin Al Adhar, «lunedì i nostri avvocati chiederanno al Comune tutta la documentazione e decideranno che fare. Resta una grande amarezza, perché alle parole di disponibilità che abbiamo sentito in questi giorni non sono seguiti i fatti. Ha vinto l’intolleranza, proprio quando la nostra comunità si era detta disponibile ad accettare le prescrizioni. A non usare la chiesa per la preghiera negli orari di apertura ai visitatori e a limitare gli accessi. Anche i lavatoi e il mihrab non sarebbero stati usati».

Ma secondo il Comune si è trattato di una trasformazione non autorizzata di una mostra in luogo di culto, utilizzando le autorizzazioni artistiche. «Noi non interveniamo nel merito di quello che accade nei padiglioni», fa sapere la Biennale in una nota, «certo gli artisti si devono attenere alle norme di legge». Vent’anni fa un analogo episodio aveva portato alla chiusura del padiglione svizzero, per aver esposto nella chiesa di San Stae immagini «poco consone».

«Missione compiuta», esulta Sebastiano Costalonga, ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia. Non tutti la pensano così. E si discute sull’interpretazione di quel documento, firmato dall’allora patriarca di Venezia Albino Luciani, poi papa Giovanni Paolo I, che nel 1973 dichiarava la chiesa di Santa Maria della Misericordia «chiusa al culto, e può essere destinata a usi profani».

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