Chiude per sempre il convento delle Canossiane a Cannaregio

VENEZIA. Chiuso il convento delle Canossiane di Sant’Alvise a Cannaregio. Nelle scorse settimane le suore hanno ultimato il trasloco degli arredi e degli ultimi oggetti personali, lasciando per sempre l’edificio che, con la consegna delle chiavi, ritorna al Demanio, che ne è il proprietario. Il convento per un periodo fu la casa di Santa Bakhita originaria del Sudan. La suora canossiana, in arabo significa “fortunata”, viene considerata la prima santa immigrata. Il timore è che l’enorme edificio diventi un albergo.
I ricordi
Tornando a Bakhita, grandi furono le sue sofferenze morali e fisiche, dai tatuaggi cruenti alle incisioni sul corpo. La salvò, “comperandola al mercato”, il diplomatico italiano Callisto Legnani che per due anni la fece lavorare con il suo personale poi l’affidò alla famiglia Michieli di Zianigo, frazione di Mirano. Per ragioni di lavoro la famiglia veneziana con la figlioletta di 3 anni e Bakhita si trasferì, dal Sudan, in Italia successivamente ritornò in Africa lasciando Mimmina con Bakhita che rimase in laguna e le fa da “tata”. Qui venne ospitata dalle suore canossiane presso l’Istituto dei Catecumeni. Santa Bakhita passò poi nel convento di Sant’Alvise. Tanti i ricordi. Trascorse le giornate nel laboratorio delle giovani, ricamando, lavorando ai ferri, conoscendo la fede cristiana. Nel 1890 fu battezzata con il nome Giuseppina. Tre anni dopo è suora canossiana esaminata dal Patriarca cardinale Giuseppe Sarto, futuro Papa Pio X. Nel 2000 Papa Giovanni Paolo II (ora Santo) la canonizza. Fino a settembre 2015 – data in cui le suore hanno salutato la comunità parrocchiale – le gigantografiche di Santa Bakhita erano appese ovunque nel convento di Sant’Alvise.
Saloni vuoti
Ora lo storico complesso, tra i più importanti del centro storico, è vuoto. Gli ampi saloni sono privi di arredi, la cappella è spoglia, il teatro come la cantina vuoti, l’orto incolto, il pollaio e la stalla senza animali. La struttura ha anche due campi da calcio, due chiese – una riproduce la grotta di Lourdes – e due chiostri. Proprietaria è l’Agenzia del Demanio, cioè lo Stato, che però non ha mandato via le religiose.

Suor vanda
«Non c’è stato ricambio. Ormai siamo tutte anziane e le vocazioni scarseggiano, forse, abbiamo pregato poco. Quante generazioni sono passate in questo Istituto e quanti giovani, orfani, studenti» aveva detto in lacrime la superiora suor Vanda, «Che ne sarà di tutto questo?». La struttura, dopo 150 anni di presenza delle religiose, sta per ritornare al Demanio tant’è che tecnici dello Stato avevano già fatto alcuni sopralluoghi. Per i veneziani la partenza delle suore è stata accolta con dolore. Il convento delle Canossiane di Sant’Alvise, luogo di rifugio per la comunità, è stato un vero e proprio centro di carità. Con il passare degli anni ha mantenuto questa missione umanitaria e formativa in collaborazione con parrocchia, vicariato, diocesi.
Le attività
È lungo l’elenco delle attività svolte dalle suore, che erano 70 all’inizio e solo 4 nel 2015: il noviziato, la casa infermieristica, l’orfanotrofio, l’ospitalità a bimbe povere e sordomute l’educandato, il collegio universitario, il centro delle operaie (ricamo, taglio, maglieria), le scuole materne ed elementari, il doposcuola, i campi sportivi, le attività della parrocchia e dell’associazionismo, le feste dei bambini, dei giovani e degli adulti (battesimi, comunioni, cresime, matrimoni, anniversari, compleanni), i corsi di musica e di lingua, le recite teatrali, la catechesi.

La gratitudine
«La città di Venezia deve essere grata e riconoscente per l’opera educativa di queste suore che hanno lasciato tracce indelebili», disse nella messa di ringraziamento don Stefano Costantini, parroco di Sant’Alvise. «Perché, oggi, non creare il Centro internazionale Bakhita?». —
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