Chiude la Metro, l'azienda: "Non c'è alternativa"

Settanta a casa da gennaio, più dieci nei sub appalti. Comunicazione ai dipendenti mentre i sindacati sono a Roma. Sabato 7 lo sciopero
SCIOPERO DIPENDENTI DELLA METRO PER PROTESTARE CONTRO LA CHIUSURA DELLO STABILIMENTO A GENNAIO.
SCIOPERO DIPENDENTI DELLA METRO PER PROTESTARE CONTRO LA CHIUSURA DELLO STABILIMENTO A GENNAIO.

MARGHERA. Metro, tutti a casa. Dopo 36 anni la sede di Marghera chiuderà dal 18 gennaio lasciando a casa quasi settanta lavoratori, cui vanno aggiunti i dipendenti degli appalti che si occupano della mensa, delle pulizie e delle consegne a domicilio.

Una chiusura quindi che nel complesso coinvolgerà, dicono fonti sindacali, quasi ottanta persone. L’annuncio ai lavoratori della Metro è stato dato martedì 3 novembre, a sorpresa. Mentre i rappresentanti sindacali erano a Roma per discutere a livello nazionale il nuovo contratto integrativo con i vertici della multinazionale tedesca del Cash & Carry, i lavoratori, compresi quelli che erano a casa, sono stati convocati alle 11.30 nella sede di via Colombara per una comunicazione dell’azienda.

I responsabili locali del punto vendita hanno quindi comunicato la chiusura del sito a partire da metà gennaio, annunciando l’arrivo delle lettere di mobilità, e quindi del licenziamento. Una notizia comunicata in modo irrituale e mentre i rappresentanti sindacali erano fuori città. La reazione dei lavoratori è stata, comprensibilmente, di rabbia. I toni si sono alzati e tutti insieme, contattati al telefono i rappresentanti sindacali, hanno deciso di uscire dal posto di lavoro e di scioperare, improvvisando un piccolo presidio davanti al punto vendita rivolto ai rivenditori, titolari di tessera. I rappresentanti sindacali ieri non ci volevano quasi credere.

Anche l’anno scorso c’erano state alcune difficoltà che aveva portato a venti esuberi di lavoratori che in gran parte erano stati accompagnati alla pensione. Oggi però i dipendenti del gruppo con base a Düsseldorf sono quarantenni e cinquantenni, e molti di loro già temono di essere espulsi dal mercato del lavoro. Da parte sua l’azienda giustifica la scelta spiegando che il punto vendita di Marghera «negli ultimi 10 anni ha accumulato perdite per 20 milioni di euro e nell’ultimo anno ha perso 900 acquirenti». Le scelte fatte nel corso dell’ultimo anno, con la prima riduzione del persone e la diminuzione della superficie di vendita secondo l’azienda «non sono state sufficienti. Per questo non c’è alternativa alla chiusura».

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L’azienda si dice anche disponibile al confronto con i sindacati con l’obiettivo di «ridurre al minimo l’impatto sociale sui lavoratori». In queste ore però i lavoratori sono concentrati sullo sciopero. Dopo quello spontaneo di ieri oggi i lavoratori dovrebbero tornale al lavoro, in vista dello sciopero nazionale del settore del commercio che già era stato fissato dai sindacati confederali per sabato 7 novembre. «È chiaro che l’attenzione nel Veneziano riguarderà la Metro», dice Monica Zambon della Filcams Cgil «la prima realtà del polo commerciale nato a Marghera. La decisione presa dall’azienda è grave».

Maurizia Rizzo, della Fisascat Cisl, accusa l’azienda di «mancato rispetto delle relazioni sindacali. È sconcertante il modo in cui la multinazionale si è comportata, con noi e con i lavoratori». È dello stesso avviso Roberto Cappellieri (Filcams Cgil) che ieri era al tavolo nazionale di Roma per la discussione dell’integrativo, argomento passato in secondo piano dopo l’annuncio della chiusura di Marghera. «Non staremo a guardare», annuncia, «e faremo di tutto per salvare i posti di lavoro». Il caso di Venezia scoppia dopo quello di Pordenone dove Metro ha abbassato le serrande in primavera lasciando a casa oltre quaranta dipendenti.

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