Chioggia, la città dove l’anagrafe è un labirinto

In un libro diPier Giorgio Tiozzo Gobetto i nomi, i “detti” e le “nominanse” di Chioggia e Sottomarina

Se cammini per il centro di Sottomarina e ad alta voce provi a chiamare “Boscolo”, “Meneguolo” o “Schila”, si volterà sempre la stessa persona. In un caso si riconoscerà nel cognome, nel secondo nel det to, nel terzo nella nomenansa. Una peculiarità di Sottomarina, da cui però non è esente Chioggia, entrata in uso tra fine Seicento e inizio Settecento. Non un semplice soprannome, ma un identificativo del ceppo familiare che nel 2010 ha ottenuto lo status di secondo cognome entrando di diritto nei documenti di identità e nei codici fiscali.

La nomenansa non ha ottenuto la certificazione anagrafica, ma nell’uso comune spesso è addirittura utilizzata come e più del detto, finendo addirittura nelle insegne commerciali di molte attività della città.

Un labirinto di identificativi sui quali ha provato a fare luce Pier Giorgio Tiozzo Gobetto, insegnante e scrittore, studioso di storia locale, che ieri ha presentato l’ultima sua fatica, “Famiglie e soprannomi. Saggio di onomastica chioggiotta dal 1780 al 2010”. Una fotografia sull’anagrafica locale che analizza in un repertorio alfabetico di 300 pagine oltre 3.000 voci con 600 cognomi, 500 detti, 1.500 nomenanse e 500 nomignoli. Una sorta di dizionario arricchito da oltre 500 immagini a colori degli stemmi delle famiglie chioggiotte registrati nel 1780 da Gaetano Chiozzotto nel “Blasonario di famiglie della città di Chiozza” e da vele “parlanti” delle imbarcazioni di fine Ottocento.

«L’idea del saggio – spiega Tiozzo Gobetto – è nata per l’interesse che nutro per la cultura popolare locale. Già nel ’92 avevo trattato, in modo più sintetico, lo stesso argomento per uno speciale sulla rivista “Chioggia”. Stavolta ho iniziato a raccogliere testimonianze e documenti dal 2009. L’attualità sta nel passaggio, nel 2010, dei detti da puro identificativo orale a secondo cognome».

Se l’uso del detto è nato per mettere ordine nella selva dei due cognomi più diffusi a Sottomarina (Boscolo e Tiozzo), le nomenanse sono invece caratteristica di tutti i cognomi. «In alcuni settori professionali – rileva Gobetto – le nomenan se sono utilizzate più dello stesso cognome. Nel mondo della pesca e dell’orticoltura ci si conosce e ci si chiama per soprannome. Un’abitudine che si perde quando il figlio cambia lavoro rispetto al padre».

Dei 7.761 Boscolo i più numerosi sono i Cegion (650) seguiti dai Meneguolo (600) e dagli Anzoletti (300). Dei 2.411 Tiozzo i più popolosi sono i Brasiola (400), seguiti dai Fasiolo (300) e dai Netti (200). Detti e nomenanse nascono da caratteristiche fisiche (Moretto, Bielo, Rizzo, Pansin), professionali (Contadin, Stagnaro, Forcola, Semolante, Sassariolo), caratteriali (Baruffaldi, Scarmanati, Bastianello, Bizzarro) o come patronimici (Anzoletti, Gioachina, Tonon). «Le nomenanse – spiega l’autore – sono comparse tra fine ’800 e i primi del ’900 per un improvviso sviluppo demografico. Le famiglie sono passate da una media di 3 figli ad una media di 10. Mentre i detti sono comparsi due secoli prima e negli anni si sono trasformati. Negli anni ’30, col fascismo, in molti casi sono stati italianizzati». Ecco perché per certi detti all’Anagrafe si trova una doppia versione (Galasso e Galazzo, Nata e Natta, Zemelo e Zemello). Il libro è anche un intreccio di curiosità.

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