Chili di droga dei clan in Riviera del Brenta
MESTRE. Avevano occupato una parte del territorio lasciato libero dalla Mala di Felice Maniero. Avevano sostituito la rete del piccolo spaccio da Stra a Spinea, affidando lo smercio a clienti veneziani fidati, che a loro volta rivendevano lungo la Riviera del Brenta. Forniture da 7-8 mila euro alla volta. Hashish in resina, marijuana o cocaina, preferibilmente.
L’organizzazione criminale, sgominata dalla Dia di Padova e che aveva al vertice quattro persone legate a clan della ’ndrangheta (Antonio Bartucca, 49 anni di San Giovanni in Fiore e residente a Vigonza; Giovanni Spadafora, 45 anni di San Giovanni in Fiore e residente a Vigonza; Vincenzo Giglio, 27 anni di Crotone, residente a Strongoli e Antonio Giardino, 49 anni, di Isola Capo Rizzuto e residente a Verona), non aveva lasciato nulla al caso. I “terminali” erano insospettabili veneziani, persone radicate nel territorio, che frequentavano bar e trattorie, dove concludevano gli “affari a piccole dosi”.
Per questo motivo sono finiti ai domiciliari Domenico Carbone, 40 anni, nato a Catanzaro ma residente a Fiesso d’Artico, Nicola Girina, 39 anni, padovano residente a Dolo, Domenico Sottile, detto Mimmo, 41 anni, di Crotone ma residente a Spinea. Oltre a loro, nei guai è finito anche Luca Segato, di Vigonza, 47 anni, conosciuto sul litorale Veneziano anche grazie alla sua attività di skipper.
Il meccanismo di approvigianamento dello stupefacente era semplice e ben rodato. Girina e Segato prendevano appuntamento con Bartucca o Spadafora e l’incontro era fissato via via o sul parcheggio dell’Ikea a Padova est - luogo all’aperto e talmente frequentato da essere quasi sicuro - o nel magazzino di Bartucca a Vigonza.
Ciò che il gruppo non poteva sapere è di avere alle calcagna gli investigatori della Dia che per due anni (2015-2016) hanno annotato, registrato e filmato il possibile. In maniera tale da “cristallizzare” i reati a fini giudiziari. Come quella volta (giugno 2015) che Giovanni Spadafora e Vincenzo Giglio sono intercettati all’interno del capannone di Bartucca a Vigonza, mentre confezionano lo stupefacente (tipo cocaina) e si lamentano perché hanno pochi sacchetti. Stupefacente che in quell’occasione sarebbe stato acquistato da Girina, «almeno una sessantina di pezzi».
Oppure quando Segato si incontra con Spadafora e commenta: «Qui c’è un buon profumo. Questa è naturale? Ma arriva da voi o attraverso l’Albania?». «Arriva da noi», risponde Spadafora. «Arriva da noi ed è più buona». Sulla qualità dello stupefacente, gli investigatori hanno dei dubbi: in un’occasione i militari hanno verificato che la cocaina era stata “tagliata” con levamisolo, un farmaco per animali che ha l’effetto di prolungare lo sballo ma è pericoloso a livello neurologico e può sviluppare i tumori.
Nonostante ciò, il giro d’affari era buono. Se non altro per i prezzi. A verbale - durante l’indagine - viene trascritto che l’hashish e la marijuana erano vendute a 3,5 euro al grammo. Mentre la cocaina a 70 euro al grammo.
Una volta provveduto al rifornimento, la droga veniva poi rivenduta al dettaglio. Anche in questo caso la descrizione degli investigatori è minuziosa. Girina è accusato di aver acquistato lo stupefacente da Spadafora almeno 23 volte. Per poi rivenderlo fuori dai locali pubblici della Riviera, da Dolo a Fiesso: gelaterie, numerosi bar, trattorie. Anche in questo caso a consumatori abituali. Domenico Sottile, invece, è accusato di aver comprato per tre volte diversi chili di droga, tra cui due chili di hashish pagata 7 mila euro.
Carbone, infine, è indicato quale fornitore di droga di Bartucca, in quantitativi pesanti, soprattutto cocaina. È lui il tramite tra i boss e gli spacciatori della Riviera. Tutti protagonisti, insomma, di un sottobosco malavitoso fatto di interessi differenti, personaggi tuttavia di tutt’altro spessore rispetto a chi li ha preceduti negli anni Ottanta e Novanta.
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