Chiesa trasformata in moschea, il Patriarcato: «Mai dato alcuna autorizzazione»

VENEZIA. Se l’intento era quello di provocare, l’artista svizzero islandese che ieri si è fatto vedere un attimo senza intervenire alla cerimonia, ci è riuscito in pieno. Il messaggio è tutto nella sua installazione vivente. L’antichissima chiesa è di un privato, è stata comperata su per giù nel 1973, prima era di proprietà di religiosi, ma non è più stata utilizzata. Nel 1993 è stata avanzata una proposta da parte dei Testimoni di Geova di poterla utilizzare, ma il Patriarcato ha risposto negativamente.
Nina Magnusdottir che lavora per il Padiglione e in questi mesi si è occupata di ogni dettaglio, spiega le difficoltà incontrate: «Abbiamo bussato a moltissime chiese, cercato un luogo adatto, ci siamo fatti dare la lista dal Patriarcato, ma ogni volta ci veniva risposto in modo evasivo o si posticipava. Alla fine ci siamo rivolti a una società che si occupa di location e ci hanno proposto questa chiesa inutilizzata da decenni e l’abbiamo affittata». È a conoscenza della nota della Prefettura, ma spiega di non averla ancora letta. Altro gli artisti e lo staff non vogliono dire.
Giovedì il Cosp, il comitato per l’ordine pubblico ha posto alcune prescrizioni: in sostanza si dice che nella “moschea” non si può dar vita a liturgie religiose essendo un’installazione tout court. Il direttore generale del Comune è laconico: «Per me quello è il padiglione islandese, punto. Hanno fatto domanda il 24 aprile, abbiamo risposto con delle prescrizioni».

Il Patriarcato ha preso posizione: «Per ogni utilizzo diverso dal culto cristiano cattolico va richiesta autorizzazione all’autorità ecclesiastica, indipendentemente da chi ne sia il proprietario. Tale autorizzazione, per la chiesa Santa Maria della Misericordia, non è mai stata richiesta, né concessa». «A prescindere dalla proprietà», spiega il vicario episcopale don Dino Pistolato, «è pur sempre un luogo di culto e per trasformarlo in qualche cosa di diverso si deve seguire un iter: bisogna rivolgersi al consiglio presbiterale, fare una proposta e motivarla. Una chiesa rimane sempre consacrata, per farne un uso diverso bisogna mettere in moto una procedura di riduzione dell’edificio sacro ad un uso “non indecoroso”. Se ci verrà chiesto cercheremo tra le carte. Sotto il profilo della prassi sono un po’ sconcertato perché dialogo e comunicazione sono importanti, inoltre si genera un pericolo di confusione». Aggiunge: «E poi ritorna il discorso della reciprocità, si celebra messa in una moschea? Non posso assumermi responsabilità di cose che non mi sono state chieste. La Biennale ha molte vetrine, questa lascia perplessi».
L'imam Hammad Al Mahamed ha una visione più semplice. Per l’imam, che apre a tutti la moschea di Marghera, questo è un segno tangibile di un dialogo vero, di portata eccezionale. «Qui pregheremo», dice, citando Martin Luther King: «Speriamo che gli ostacoli con la Prefettura si possano superare», mentre sul fatto che la moschea era una chiesa: «Abbiamo un Dio solo, noi preghiamo lo stesso Dio, non è diverso il nostro», dice raggiante, «Qui vengono eliminate le barriere, qui si passa dalle parole ai fatti, si mette in pratica il dialogo, si gettano ponti: il nostro cuore è aperto a tutti, cristiani, ebrei buddisti, il progetto islandese va oltre».
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