Chiarotto e il Mose: «Jack up da collaudare con paratoie grandi»

«La nave è costata 37 milioni, non 55, ed è ferma perché i manufatti di 28 metri sono ancora in costruzione in Croazia»
Interpress/Mazzega Tantucci Venezia, 09.09.2014.- "Jack-up", In avaria la piattaforma del MOSE ormeggiata davanto all'arsenale bacini.-
Interpress/Mazzega Tantucci Venezia, 09.09.2014.- "Jack-up", In avaria la piattaforma del MOSE ormeggiata davanto all'arsenale bacini.-

VENEZIA. Presidente Romeo Chiarotto, patron della Mantovani e primo azionista del Consorzio Nuova, c’è da scommettere che non sarà affatto contento di leggere che la nave “jack-up”, del costo di 55 milioni di euro, che dovrebbe trasportare le paratoie del Mose, è ferma davanti all’Arsenale, dal quale non si è mai allontanata. E questo, dopo lo “scoppio” del cassone a Chioggia, sembra solo uno dei tanti incidenti di percorso di quest’opera faraonica.

«Guardi, glielo dico chiaro e tondo: sono tutte balle. A cominciare dal prezzo del “jack-up” che sarebbe stato gonfiato. Ebbene, il prezzo del “jack-up” non è mai aumentato a 55 milioni di euro, come qualcuno vuol fare credere. Il Consorzio Venezia Nuova ha messo in gara un progetto da 37 milioni di euro. Quella gara, come si ricorderà, è andata deserta».

E poi cos’è successo, dottor Chiarotto?

«Prima di tutto voglio ribadire che la Mantovani e la Fip vogliono bene al Mose, l’opera che, ne siamo convinti, dovrà salvare la città di Venezia. Come dicevo, dopo che la gara è andata deserta, proprio perché vogliamo bene a Venezia e crediamo nell’efficacia del Mose, la nostra impresa si è presa la briga di realizzare direttamente il “jack-up”, ma, sia chiaro, al prezzo di 37 milioni, non un euro di più. Cioè il prezzo che era stato fissato per la gara».

Ma allora, scusi, perché il “jack-up” è fermo da mesi davanti all’Arsenale e non ha mai preso il largo?

«Il “jack-up” è fermo perché per collaudarlo definitivamente, così com’è previsto nel capitolato dei lavori, ci vogliono le paratoie più grandi, quelle di Malamocco, alte la bellezza di 28 metri, che sono ancora in costruzione nei cantieri della Croazia. Mi auguro che arrivino al più presto e che quanto prima si possa procedere alla verifica».

Il “jack-up” è una delle grandi “gambe” che servono per fissare al fondo il marchingegno e poi svitare le paratoie da trenta metri per venti che non hanno retto alla prima prova.

«Si fidi, questa “gamba” è perfetta. Comunque è giusto che gli amministratori straordinari, prima di stabilire le colpe di A o di B, controllino tutte le spese. C’è però una cosa che mi fa stare male».

Cosa, dottor Chiarotto?

«Il fatto che in questi ultimi mesi sia diventato di moda sputare addosso alla Mantovani e alla Fip Industriale. Questo proprio non lo sopporto, è una cosa che mi rovina la giornata. Noi però siamo ottimisti, vogliamo andare avanti. Prova ne sia il fatto che, anche senza “jack-up”, abbiamo varato le paratoie di Treporti. E ne approfitto per precisare che abbiamo utilizzato un software fatto in casa».

Insomma, lei non molla.

«Con ’sta storia che stanno sputando addosso alla Mantovani, io ci resto male, ma tengo duro. Sa, io sono vecchio (è del 1929, ndr), alla mia età non me la sento proprio di cambiare mestiere. E poi il giorno che dovessimo chiudere la Mantovani, se ne accorgerebbero in tanti. Noi abbiamo più di mille dipendenti».

Lei, dottor Chiarotto, non vede l’ora di inaugurare il Mose...

«Io credo che le cose le faremo, e le faremo bene. Noi vogliamo bene al Mose e a Venezia».

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