Tentato omicidio di Chiarano, l’agguato a colpi di pistola resta senza responsabile

L’episodio un anno fa in via Tabacchi a Fossalta Maggiore. Il sicario aveva aspettato che Kukiqi Hajdin uscisse di casa per sparargli. Ma non ci sono indizi per un’azione contro l’indagato, cugino della vittima: il pm chiede di archiviare 

Marco Filippi
Il luogo dell'agguato
Il luogo dell'agguato

Il quadro indiziario raccolto nei confronti dell’indagato non è tale da permettere di formulare una “ragionevole previsione di condanna”.

In base a questo principio, introdotto dalla Riforma Cartabia, il pubblico ministero Giovanni Valmassoi ha chiesto al giudice delle indagini preliminari Carlo Isidoro Colombo l’archiviazione dell’inchiesta nei confronti di Edmond Balaj, 33 anni di Salgareda (difeso dall’avvocato Alessandra Nava), inizialmente sospettato di essere l’autore, assieme ad un complice rimasto sempre ignoto, del tentato omicidio di un anno fa ai danni del cugino Kukiqi Hajdin, un kosovaro di 37 anni, operaio alla Lafert di Noventa, incensurato, residente a Chiarano. Gli elementi raccolti nel corso delle indagini sono “ambigui” e potrebbero essere interpretati anche come indizi a favore della difesa.

Il fatto risale al 7 marzo del 2024. Quel giorno Hajdin Kukiqi, un operaio kosovaro di 37 anni, era appena uscito da casa per andare al lavoro quando fu vittima di un agguato in stile mafioso. Due persone, con il viso travisato da un casco integrale, avevano atteso che l’operaio uscisse, si erano avvicinati in sella ad uno scooter Yamaha T-Max, con targa oscurata, e avevano sparato, colpendo l’operaio all’addome e alla gamba. I due colpi di pistola non furono letali: Kukiqi fu operato al Ca’ Foncello e se la cavò.

L’agguato avvenne alle 7.45 a Fossalta Maggiore, frazione di Chiarano, nel quartiere residenziale di via Tabacchi. Fu il passeggero dello scooter ad estrarre una pistola di piccolo calibro e a sparare due colpi da distanza ravvicinata. Un proiettile trapassò la gamba sinistra del 37enne, un altro lo colpì all’addome. Poi, i due “sicari” scapparono a tutta velocità, davanti a testimoni atterriti.

Balaj, il cugino della vittima dell’agguato, fu arrestato nel maggio successivo su ordine di carcerazione, emesso dal Tribunale di Venezia nel 2022, per reati commessi tra il 2014 e il 2019, per una pena da espiare di 5 anni e 4 mesi, e durante l’arresto gli fu notificato l’avviso di garanzia come indagato per il tentato omicidio del cugino.

Balaj fin da subito si proclamò innocente, sostenendo che al momento dell’agguato si trovava in Kosovo. Dall’abitazione del 33enne kosovaro, a Salgareda, furono sequestrati il telefono cellulare, alcuni indumenti tra cui un giubbotto, simile a quello indossato dagli autori dell’agguato secondo le immagini delle telecamere di sorveglianza e la parte anteriore di uno scooter.

La vittima, nei giorni successivi all’agguato, dopo essersi ristabilito un po’, aveva raccontato agli inquirenti dei dissapori e delle liti con il cugino, conterraneo, per problemi legati a motivi economici e immobiliari, riguardanti in particolar modo la casa dove la vittima risiedeva e tuttora risiede con la moglie e i tre figli.

Ora il colpo di scena: la procura ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta per il tentato omicidio del cugino. «Eravamo sereni fin da subito - spiega il legale di Balaj, l’avvocato Alessandra Nava - perché questa indagine era affidata ad un pubblico ministero noto per la sua correttezza e onestà intellettuale come il dottor Valmassoi che ha valutato gli elementi indiziari non solo contro l’indagato ma anche quelli a favore, come prevede la legge». 

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