Cesare Battisti chiede perdono: "Responsabile politico"

L'ex terrorista dei Pac, coinvolto nell'omicidio di Lino Sabbadin a Santa Maria di Sala, parla dal Brasile: "Sono responsabile politico, ma non ho mai partecipato direttamente agli attentati"
SAN PAOLO (BRASILE). "Chiedo perdono come responsabile politico, non come responsabile militare di una partecipazione diretta agli attentati''. Lo ha detto Cesare Battisti, l'ex militante dei Proletari armati per il comunismo, intervistato dall'Ansa nella casa messa a disposizione da un amico brasiliano a Cananeia, sul litorale di San Paolo.


Le responsabilità ''maggiori'' sono proprio quelle ''politiche'', ha proseguito Battisti indicando che ormai ''da anni'' è in una posizione di ''autocritica e riconsiderazione'' di tali fatti. ''Il punto - ha tenuto a precisare - è che non ci sia confusione'', che tale assunzione di responsabilità ''non voglia dire confessione di partecipazione diretta'' agli attentati. ''Sento responsabilità - ha proseguito Battisti - per aver partecipato ai Proletari armati per il comunismo e mi assumo oggi una responsabilità maggiore di quella reale, di quella cioè che avevo all'epoca perché ero un ragazzino''. Ma, ha aggiunto, ''la parola pentimento non mi piace, è un'ipocrisia, sinonimo di delazione, è legata alla religione''.


Battisti - che si ritiene d'altra parte una sorta di 'jolly' in tanti processi giudiziari (''sono dappertutto, quando manca o non torna qualcosa sbattono dentro me'') - ha giustificato le fughe fatte in diversi paesi (Francia, Messico, Brasile): altrimenti, ha sottolineato ribadendo quanto detto più volte, rischiava di ''finire per pagare con l'ergastolo in Italia delitti che non ho commesso''.


Cesare Battisti chiede anche ''perdono'' per le vittime degli attentati avvenuti in Italia negli anni '70. ''Quando c'è stato l'attentato a Torregiani e il figlio è rimasto ferito, ricordo che ho pianto, fin da subito, da quando ho letto la notizia su 'La Notte' di Milano. Ho sempre avuto grande compassione per le vittime, vorrei che la si avesse per tutte, di una parte e dell'altra. Già all'epoca degli attentati sentivo compassione'', ha detto ancora Battisti definendo nel contempo ''triste e infame'' il fatto di essere stato accusato di quell'omicidio.


''Mi porto dentro l'Italia del passato, quella che ancora sognava, un paese che lottava per la giustizia''. Guarda con 'saudade' al paese che considera la sua ''patria'' Cesare Battisti. ''In questi anni, con una vita trasparente e con fatti, ho dimostrato di voler voltare la pagina'' rispetto agli anni '70, sottolinea Battisti, che si dice pronto ad una ''riconciliazione''.


''Oggi ho ricevuto il contratto dalla casa editrice di San Paolo per la quale pubblicherò il mio ultimo libro 'Ai piedi del muro''', annuncia soddisfatto, ricordando che, grazie ai documenti ottenuti ad agosto dalle autorità brasiliane, fra qualche giorno aprirà un conto corrente a San Paolo. ''In questo momento - confida - il mio avversario principale è la stampa sensazionalista: sono assediato, mi sento il mostro da sbattere in prima pagina'', aggiunge l'ex militante dei Pac,

ammettendo di nutrire nostalgia per l'Italia. ''Ho tanti ricordi visto che dall'Italia sono uscito non da bambino, ma da adulto. Là' - dice - c'è la mia infanzia, la mia famiglia''


"Alla luce di oggi, illudersi che si potessero cambiare le cose in Italia con la lotta armata è stato un errore. Non posso che fare autocritica''. Prosegue l'ex terrorista dei Pac, che subito puntualizza che quella della fine degli anni '70 ''era una fase successiva ad un tentativo di colpo di stato, di attentati con bombe contro manifestazioni e sindacati, una fase in cui - sottolinea - non c'erano più spazi politici''.


Battisti appare dimagrito rispetto alle ultime fotografie e con la stessa camicia bordeaux che indossava nel marzo del 2007, quando venne portato in carcere a Brasilia, subito dopo essere stato catturato a Rio de Janeiro. Prima di sedersi per l'intervista in una cucina piena di pentoloni e piatti, Battisti ci tiene a precisare che la barca di pescatori con la scritta 'Comandante Che' che si trova all'ingresso dell'abitazione non è la sua. ''Altrimenti qualche giornale scriverà che ho la barca'', precisa ironico l'ex militante rosso che ormai parla quasi più portoghese che italiano.


All'improvviso appare Joyce Lima, la fidanzata carioca, nata cioè nella Rio de Janeiro dove l'ex terrorista non nasconde di voler vivere. Vestita di bianco, la giovane Joyce si trattiene solo un istante - il tempo di salutare - e sparisce velocemente. Impossibile scattare una fotografia ai due insieme. Il no di Battisti è perentorio.

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