Cerimonia del 25 Aprile al Ghetto, contestato Brugnaro

Un gruppo di manifestanti è insorto contro il sindaco dopo aver tentato di fermare anche l’intervento del presidente della comunità ebraica. Calimani: «L’antisemitismo sta crescendo»

La cerimonia del 25 Aprile al Ghetto di Venezia sorvegliata dalla polizia (ph Buso/Interpress)
La cerimonia del 25 Aprile al Ghetto di Venezia sorvegliata dalla polizia (ph Buso/Interpress)

Come ogni anno Venezia ha celebrato il 25 Aprile nel Ghetto ebraico, ritenuto il più antico al mondo, con una cerimonia solenne durante la quale è stato  contestato il sindaco Brugnaro.

Sindaco Brugnaro contestato nella cerimonia del 25 Aprile al Ghetto di Venezia (ph Buso/Interpress)
Sindaco Brugnaro contestato nella cerimonia del 25 Aprile al Ghetto di Venezia (ph Buso/Interpress)

La contestazione

“Vergogna, a casa” e poi le strofe di Fischia il vento, canzone della Resistenza. Una trentina di persone di diversi collettivi e associazioni, dal fronte della gioventù comunista ai pro pal, è insorta contro il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, durante la cerimonia del 25 Aprile al Ghetto ebraico. Dopo aver già cercato di interrompere Dario Calimani, presidente della comunità ebraica, la contestazione è montata quando Brugnaro ha preso il microfono. E a loro si sono aggiunti anche tanti altri cittadini.

L’intervento di Brugnaro

«Ci ritroviamo oggi, in questo luogo carico di storia e di significato, per celebrare insieme l'80/o anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo - ha comunque detto il sindaco Luigi Brugnaro mentre i manifestanti intonavano canti partigiani -. Ottant'anni: è la durata di una vita. Una vita intera. Sono sempre meno i testimoni diretti di quei giorni. Per questo non possiamo permetterci di dimenticare».

Per Brugnaro, «ciò che è accaduto riguarda ancora noi, riguarda le nostre scelte, la nostra responsabilità, il mondo che vogliamo lasciare a chi verrà dopo di noi. Il 25 Aprile è la data in cui l'Italia scelse la libertà, la democrazia, la dignità dell'essere umano. E lo fece grazie al sacrificio di tante donne e uomini, partigiani, militari anglo-americani, civili che lottarono, spesso a costo della vita, per riconsegnarci un futuro di speranza. A loro va la nostra gratitudine più profonda».

«Celebrarlo qui, nel Campo del Ghetto, ha un valore speciale - ha concluso Brugnaro -. Questo non è solo un luogo della memoria, è un luogo della convivenza, della cultura, della resistenza, materiale ma soprattutto spirituale. Venezia ha sempre saputo unire, non dividere. Qui il passato ci parla, ma non ci schiaccia. Ci ricorda quanto sia prezioso vivere insieme, nel rispetto e nella diversità». 

Al Ghetto di Venezia la contestazione contro il sindaco Brugnaro

Il presidente Calimani

«Quella che desideriamo celebrare oggi qui non è una sbandierata folcloristica, ma storia con la S maiuscola. Solo questo Campo di Ghetto ricorda 246 morti, sterminati nei lager nazisti con la collaborazione attiva di fascisti nostrani. 246 dei 6 milioni» aveva esordito così il presidente della comunità ebraica, Dario Calimani, durante la celebrazione nel Ghetto, a Cannaregio, che ha riunito quasi 300 persone.

Un discorso, il suo, che ha unito passato e presente perché, ha ribadito, se la storia è fatta di capitoli bui e di morti, è anche vero che «l’antisemitismo in Italia è aumentato in modo esponenziale, e non solo sul web. I pretesti che lo innescano sono i più impensati. E non è per niente confortante fungere da unità di misura dello stato di salute dello spirito democratico nel nostro paese», dichiara, «È giusto affermare, in nome della nostra stessa Liberazione, il diritto dei popoli all’autodeterminazione, è giusto affermare il diritto di ogni popolo a vivere in sicurezza, è giusto provare compassione per chi muore innocente nell’ambito di guerre insensate e senza fine, è giusto invocare la pace e la giustizia per tutti. È tragico, però, cercare a casa nostra capri espiatori per quanto accade altrove, è tragico cercare il nemico in casa. È tragico portare nel dibattito del nostro paese, della nostra vita politica e sociale, i dibattiti drammatici che si stanno svolgendo sanguinosamente altrove, e trasformare quel dibattito e quegli scontri in pregiudizio e odio – lo si sta facendo anche oggi, qui a Venezia – è tragico tradurre il dibattito in isolamento dell’altro, distorsione dei fatti, omologazione e appiattimento delle differenze, annullamento della prospettiva storica, e il dito puntato su chi non ha alcun potere di cambiare le sorti del mondo e delle guerre: si rischia, così, di ripercorrere una via che da ottant’anni condanniamo e a cui stiamo cercando di sfuggire mentre ci insegue irredimibile per riproporsi a noi: la via del fascismo».

Il riferimento a Venezia, dove questo 25 Aprile ci sono stati due cortei, uno in centro storico e uno a Mestre, ha acceso la miccia della contestazione da parte di una trentina di persone tra collettivi e associazioni, ma si è spenta quasi sul nascere.

Per le proteste vere e proprie si è dovuto aspettare l’intervento del sindaco Luigi Brugnaro, quando sotto la pioggia battente si sono alzati fischi e grida tra “Vergogna” e “Vai a casa”.

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