Celeste, il Tar di Brescia ha detto no

I giudici hanno respinto la richiesta della famiglia Carrer ma le cure proseguono grazie a una decisione precedente
Di Giorgio Cecchetti
Carrai Interpress/M.Tagliapietra Venezia 21.08.2012.- Caso della bambina Celeste. Da sx Avv. Dario Bianchini, Avv. Marco Vorano, Giampaolo Carrer (papà), dr. Marino Andolina. Tribunale Rialto.
Carrai Interpress/M.Tagliapietra Venezia 21.08.2012.- Caso della bambina Celeste. Da sx Avv. Dario Bianchini, Avv. Marco Vorano, Giampaolo Carrer (papà), dr. Marino Andolina. Tribunale Rialto.

Il Tribunale amministrativo regionale di Brescia ha respinto la richiesta di sospensiva dello stop imposto dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alle cure con le cellule staminali dell’ospedale di Brescia. Il ricorso era stato presentato dai legali delle famiglie di Celeste, Smeralda e Daniele, tre dei bambini in cura, e dalla «Stamina Foundation», la società torinese che ha proposto il protocollo di cure per i pazienti (si tratta degli avvocati Dario Bianchini, Marco Vorano e Andrea Zoccolo). Nonostante la decisione dei giudici amministrativi, però, sia Celeste sia Smeralda potranno continuare a ricevere le infusioni di cellule staminali grazie alle decisioni precedenti dei giudici del lavoro di Venezia e Catania, ai quali nel frattempo erano ricorsi i loro avvocati, chiedendo un provvedimento d’urgenza. La decisione del Tar di ieri, comunque, non è definitiva, visto che riguarda solo la richiesta di sospensione del provvedimento: i giudici bresciani hanno infatti fissato per il 16 gennaio 2013 la discussione nel merito della questione e per la definitiva e conseguente decisione .

In quindici pagine, il Tribunale amministrativo, dopo aver sostenuto di essere competente a decidere così come lo era stata l’Agenzia del farmaco a imporre agli Spedali Civili di Brescia il divieto delle cure, spiega i motivi della sua ordinanza. Mancherebbe prima di tutto il requisito dell’evidenza scientifica delle cure, visto che l’unica documentazione presentata dai ricorrenti è stata una pubblicazione su una rivista coreana di un articolo del pediatra triestino Mario Andolina, il medico che ha in cura Celeste e altri bimbi colpiti dalla atrofia muscolare spinale, una malattia genetica che porta solitamente alla morte nei primi 18 mesi di vita. E ieri il medico ha raccontato che Celeste ha movimenti volontari tanto che «ha dato un calcio ad un infermiera, la quale per la sorpresa a momenti sveniva». Inoltre, ai giudici risulta l’assenza di una pronuncia favorevole per ogni paziente sottoposto alla cura del Comitato etico della struttura sanitaria bresciana, pronuncia indispensabile sotto i profili giuridico, medico ed etico. Inoltre, i medici curanti non avrebbero comunicato all’Istituto superiore di Sanità i dati riguardanti ogni paziente via via nel tempo. La norma stabilisce che i dati per ciascun paziente debbano essere aggiornati ogni sei mesi per i primi quattro anni.

Infine, «dalla documentazione esaminata e dagli accertamenti eseguiti, in linea anche da quanto evidenziato dall’Aifa nella propria ordinanza, non è stato possibile pervenire alla conoscenza della metodica per la produzione e l’uso terapeutico di cellule mesenchimali utilizzata da “Stamina” che, per altro, non risulta disporre di un riconoscimento presso la comunità scientifica nazionale e internazionale». La vicenda che ha portato alla visita dei carabinieri dei Nuclei anti sofisticazioni al laboratorio dell’ospedale di Brescia è nata a Torino, dove la Procura da anni ha avviato un’indagine sul conto dei vertici di «Stamina Foundation» e dei suoi consulenti. Nell’ordinanza del Tribunale amministrativo si ricorda anche che l’Aifa avrebbe già comunicato il 22 giugno scorso ai genitori dei bambini in cura che c’era la possibilità di rivolgersi al ministero della Sanità, il quale avrebbe provveduto a indicare i centri italiani di eccellenza per proseguire la somministrazione delle cellule staminali ai piccoli pazienti, centri autorizzati e presenti in territorio nazionale.

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