Cecilia e la gita in barca a lungo sognata: lo strazio senza fine di parenti e amici

La tragedia al largo di Venezia: a Mira e Spinea il dolore della famiglia, in ospedale lacrime e abbracci. Commozione sui social

VENEZIA. «Cecilia non c’è più». Sono cinque parole, capaci di raccogliere tutto lo strazio della tragedia di ieri pomeriggio, al largo di Sant’Erasmo. «C’è stato un incidente in laguna, con la barca. Hai capito cosa ti ho detto? Cecilia non c’è più»

. Il pronto soccorso dell’ospedale civile di Venezia è blindato. . Poliziotti e carabinieri controllano discretamente gli ingressi, scortano i parenti e gli amici di Martina Nalesso, di Spinea, e Roberto Piva, di Mira, i genitori della piccola Cecilia.

In molti indossano ciabatte, pantaloncini corti e canottiera: l’uscita di una domenica d’estate che si è trasformata in tragedia. Avrebbe dovuto essere una bella giornata di sole anche per Cecilia, il fratello, il papà e la sua nuova compagna.

L’epilogo è una tragedia insensibile a ogni parola di sollievo. E che ha gettato nello sconforto anche la comunità dove la piccola Cecilia è cresciuta, insieme ai genitori, e poi con la madre, Martina, dipendente alla Dhl. Una serata di telefonate, tra gli amici della madre, genitori a loro volta, distrutti da un dolore che non conoscono ma che provano a immaginano. Ieri sera tutti i familiari della bambina si sono ritrovati e si sono abbracciati all’ospedale civile di Venezia.

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Il compagno di Martina fatica a stare in piedi: si regge alle alte colonne della struttura dell’ospedale. Continua a ripetere «Cecilia non c’è più»: quasi per convincersi che quanto accaduto, purtroppo, non è un incubo.



I medici lo abbracciano, cercano un modo per farlo sentire meno solo. L’amica del cuore di Martina entra ed esce dall’ospedale. Chiama gli amici, per avvertirli della tragedia. È un passaparola che lascia amici e colleghi senza parole. Ci prova, con la voce strozzata, con gli occhi incapaci di trattenere le lacrime. Un compito reso ancora più arduo dall’incredulità dall’altra parte del telefono.

Non si può chiedere ragione di qualcosa che non ha e non avrà mai spiegazione. A un certo punto, dal pronto soccorso esce anche un ragazzino: porta dei pantaloncini corti e una canottiera da basket. Un poliziotto prova a fargli coraggio. Non dice una parola. Esce, raggiunge un uomo e una donna. Il lungo abbraccio, in silenzio. —

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