Cazzavillan e sette alberghi ancora chiusi: «Non riapro per senso di responsabilità»
VENEZIA. Molta prudenza, poche prenotazioni, uno sguardo attento all’evoluzione dell’emergenza sanitaria e l’altro, lucidissimo, su come il coronavirus ha stravolto la città, l’intero settore turistico e, via via che i cerchi si stringono, il suo personale, piccolo, impero.
Alla vigilia dei 90 anni, Lino Cazzavillan, titolare di sette alberghi (tra cui l’hotel Cavalletto e il Rialto), due caffè in Piazza (l’Eden e il bar Americano), due ristoranti in zona San Marco, è andato controcorrente e, mentre i suoi colleghi riaprivano, provavano, speravano, lui ha tenuto tutto chiuso e i suoi 167 dipendenti a casa, prima in ferie, ora in cassa integrazione.
Come mai non ha ancora deciso di ripartire?
«Per una questione di responsabilità. Prima di tutto penso alla salute dei miei dipendenti e dei clienti. Abbiamo molto personale straniero, come albanesi e bengalesi, che magari non capiscono bene la nostra lingua e tutte le regole da seguire. Cosa faccio se un lavoratore si ammala, cosa faccio? E se sta male un ospite? Bisogna essere realisti. L’emergenza non è finita, chi vuole rischiare, rischi».
Ormai la gran parte degli alberghi ha riaperto, però.
«Ogni albergo ha la propria storia. Le grandi catene, che hanno strutture in tutto il mondo, possono permettersi di avere Venezia in perdita; noi no, altrimenti andiamo in fallimento».
Cosa ha fatto durante in questo periodo?
«Abbiamo approfittato per fare alcuni lavori nei nostri alberghi, soprattutto al San Marco, dove abbiamo cambiato la centrale elettrica consentendoci di passare da tre a quattro stelle».
Previsioni?
«A Venezia gli alberghi lavorano soprattutto con i turisti stranieri, americani, russi, orientali. Fino a quando questa clientela non potrà ritornare, per noi ha poco senso riaprire. In ogni caso, se tutto prosegue per il meglio, pensiamo di ripartire il 28 agosto. Magari riapriremo solo un albergo, ma quella è la data fissata nei rapporti con i nostri fornitori».
E i caffè della Piazza?
«Per i caffè le cose sono più facili e prevediamo di riaprire la settimana prossima».
Lei ha scelto di non mettere gli ombrelloni bianchi, che invece gli altri esercenti hanno fortissimamente voluto.
«Guardi, io considero Piazza San Marco un salotto e nel salotto non si mettono gli ombrelloni. In ogni caso non risolvono niente, anzi, fanno ancora più caldo. Poi voglio vedere cosa succederà con il guano dei colombi, o quando arriveranno i temporali. Non è un caso che già l’anno scorso la Sovrintendenza aveva bocciato il progetto».
La Piazza fa ancora fatica a ripartire.
«Le dirò solo un dato: la flessione della vendita di gelati in Piazza è dell’80 per cento».
Che estate sarà?
«Molto difficile, anche perché luglio e agosto sono due mesi di media stagione. In giro si trovano camere a 40-50 euro a notte. Alcuni alberghi a quattro stelle le vendono a 100 euro. C’è la rincorsa a chi vende al prezzo più basso. Questo meccanismo non ha niente di remunerativo, ma ci sono alberghi che hanno assoluta necessità di incassare anche poco».
I conti di quest’anno?
«Abbiamo fatto qualcosa a gennaio e febbraio. Poi ci sono stati i quattro mesi di chiusura. Normalmente il secondo quadrimestre dell’anno è quello più produttivo, con un aumento del 10-20 per cento. Ora aspettiamo di vedere come sarà l’autunno». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia